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Carlo Antonio Grue (Castelli, 20 agosto 1655Castelli, 1723) è stato un ceramista italiano. Considerato il più grande pittore barocco su maiolica.

Carlo Antonio Grue, placca con Trionfo di Bacco e Arianna, 1685-1690, Milano, Castello Sforzesco

Biografia

Conosciuto anche come Carlantonio Grue, era uno dei tre figli maschi di Francesco Grue e di Cecilia Nicolini (1634-1661) e raccolse l'eredità artistica della famiglia Grue che aveva una nota bottega di ceramiche. Carlo Antonio sposò, a maggio 1685, Ippolita di Geronimo Pompei - discendente da un'altra dinastia di maiolicari di Castelli e morta nel 1692 - da cui ebbe tre figli: Francesco Antonio Saverio Grue nel 1686, Cecilia nel 1688 e Anastasio nel 1691. Si risposò nel 1696 con Orsola Virgilii, dalla quale ebbe Aurelio Anselmo Grue nel 1699, Isidoro nel 1701 e Liborio nel 1702. Tutti i suoi figli maschi - tranne Isidoro che si fece prete - esercitarono l'arte della maiolica, tradizione di famiglia. Come attestano i documenti d’archivio Aurelio Anselmo ereditò ufficialmente la bottega paterna e fu considerato il suo più brillante erede artistico[1]. Carlo Antonio Grue ebbe a bottega anche suo nipote Candeloro Cappelletti e Carmine Gentili.

Scene, colori, paesaggi

Da incisioni, tratte da dipinti di noti pittori, tra cui i Carracci, Pietro da Cortona e Antonio Tempesta, Carlo Antonio Grue ricavò un ricco repertorio di scene e di paesaggi. Dilatò la tavolozza degli smalti - utilizzando tinte morbide e delicate e varie tonalità di bruno - e variò anche la scelta dei soggetti, per soddisfare le richieste di un ceto medio, emergente e colto e di una piccola nobiltà, sempre più esigente. Produsse vasi, piatti e mattonelle, con scene tratte da celebri dipinti sei-settecenteschi.

Carlo Antonio e Aurelio Anselmo Grue, piatto con Orfeo ed Euridice, 1720 ca, Baltimora, Walters Art Museum[2]

Il paesaggio interpretato da Carlo Antonio Grue si conformava a quello idealizzato ai suoi tempi. La natura, in posizione preminente rispetto all'uomo, era vista in un'ottica bucolica: si popolava di pastori e di pastorelle, di animali al pascolo, di scene di vita campestre tra rovine romane.

Oltre a piatti e a catini, di varia dimensione, egli realizzò anche contenitori per il latte, il vino e per l'olio, inoltre fiasche da pellegrino, per conservare acqua fresca durante il lavoro dei campi.

Carlo Antonio Grue conobbe Francesco Solimena, per cui realizzò nel 1695 un servizio di tazzine, e Francesco Bedeschini, architetto e incisore abruzzese che gli fornì disegni, di gusto tardo barocco, per le tese dei piatti: putti festanti fra ghirlande di fiori e festoni di foglie, elementi architettonici, mascheroni, tutti elementi decorativi che Carlo Antonio utilizzò come contorno a scene sacre o bucoliche, con cui decorava il cavetto del piatto oppure la parte centrale dei vasi da farmacia.

Sue opere

Il piatto con Allegoria della maternità, al Museo di San Martino, è databile 1680-1690: al centro è dipinta una pastorella con il bambino dormiente in grembo e intorno il gregge; sulla tesa sono dipinti putti con fiori, su un fondo giallo puntinato. Le ombreggiature sfumate sono evidenziate da bagliori d'oro, dato a terzo fuoco. Una alzata con coperchio, con Ercole nel giardino delle Esperidi, è al Museo del Castello Sforzesco.

Un piattino è al Museo di Palazzo Venezia, a Roma; una mattonella con Sacra Famiglia con San Giovannino è nella collezione Acerbo, alla Galleria delle antiche ceramiche abruzzesi di Loreto Aprutino, dove si conserva anche un rinfrescatoio con le Storie di David e di Assalonne. Un servizio di tazzine, contenuto in una scatola con fregi dorati e lo stemma dei Colonna, è al Museo civico d'arte antica di Torino. Altre sue ceramiche sono al Museo internazionale delle ceramiche in Faenza.

Note

  1. ^ Fernando Filipponi, Aurelio Anselmo Grue: la maiolica nel Settecento fra Castelli e Atri, Castelli, Verdone Editore; Luciana Arbace, Carlo Antonio Grue: 1655-1723: il trionfo della pittura, Colledara, Andromeda, 2002, SBN IT\ICCU\TER\0003062, 2015, ISBN 9788896868478.
  2. ^ Tratto da una incisione di Agostino Carracci (1557-1602), fu realizzato attorno al 1720 ed è conservato al Walters Art Museum di Baltimora.

Bibliografia

  • Fernando Filipponi, Souvenir d'Arcadia. Ispirazione letteraria, classicismo e nuovi modelli per le arti decorative alla corte di Clemente XI, Torino, Allemandi, 2020. ISBN 9788842225126
  • Fernando Filipponi, Aurelio Anselmo Grue: la maiolica nel Settecento fra Castelli e Atri, Castelli, Verdone Editore, 2015.
  • Claudio Rosa, I Grue di Castelli artisti della maiolica: genealogia, Roma, Bardi, 1981, SBN CSA0008819.
  • Aleardo Rubini, Il testamento di Carlo Antonio Grue, in Atti 5. Convegno di studio sulla maiolica di Castelli: 18 Novembre 1995, Scuola media F. Barnabei, Atri, Polis, 1997, pp. 53-57, SBN AQ10038078.
  • Luciana Arbace, Carlo Antonio Grue: 1655-1723: il trionfo della pittura, Colledara, Andromeda, 2002, SBN TER0003062.
  • Sergio Rosa, Nella bottega di Carlo Antonio Grue: un maestro del barocco castellano, Castelli, Verdone, 2010, SBN TER0032899.

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