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Trieste comune | |
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Trieste | |
Vista della città dal lato Nord del Castello di San Giusto, sullo sfondo il golfo di Trieste. | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Friuli-Venezia Giulia |
Provincia | Trieste |
Amministrazione | |
Sindaco | Roberto Dipiazza (FI) dal 20-6-2016 (2º mandato dal 18-10-2021) |
Territorio | |
Coordinate | 45°39′01″N 13°46′13″E |
Altitudine | 2 (min. 0 max. 672) m s.l.m. |
Superficie | 85,11 km² |
Abitanti | 199 305[1] (31-8-2024) |
Densità | 2 341,73 ab./km² |
Frazioni | Santa Croce, Grignano, Miramare, Prosecco, Contovello, Opicina, Banne, Conconello, Trebiciano, Gropada, Padriciano, Longera, Basovizza |
Comuni confinanti | Duino-Aurisina, Erpelle-Cosina (SLO), Monrupino, Muggia, San Dorligo della Valle, Sesana (SLO), Sgonico |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 34121-34151 (aboliti 34012, 34014, 34017) |
Prefisso | 040 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 032006 |
Cod. catastale | L424 |
Targa | TS |
Cl. sismica | zona 3 (sismicità bassa)[2] |
Cl. climatica | zona E, 2 102 GG[3] |
Nome abitanti | triestini |
Patrono | san Giusto di Trieste |
Giorno festivo | 3 novembre |
Cartografia | |
Posizione del comune di Trieste nella provincia omonima | |
Sito istituzionale | |
Trieste (AFI: /triˈɛste/[4]; Trieste in dialetto triestino; in tedesco e in friulano Triest; in sloveno Trst[5]) è un comune italiano di 199 305 abitanti,[1] capoluogo della regione italiana a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia, affacciato sull'omonimo golfo nella parte più settentrionale dell'Alto Adriatico, fra la penisola italiana e l'Istria, a qualche chilometro dal confine con la Slovenia, nella regione storico-geografica della Venezia Giulia, di cui è la città più popolosa.
,Nella sua storia, Trieste è stata città imperiale e capoluogo prima del Litorale austriaco, poi della provincia di Trieste.
Rappresenta da secoli un ponte tra l'Europa centrale e quella meridionale, mescolando caratteri mediterranei, mitteleuropei e slavi ed è il comune più popoloso[6] e densamente popolato della regione.[7] Il porto di Trieste dal 2013 è il porto italiano con il maggior traffico merci ed è uno dei più importanti nel sud Europa.[8][9]
Il fiume Timavo è un fiume che scorre tra Croazia, Slovenia e Italia. È famoso per via del suo lungo percorso sotterraneo di circa 40 chilometri che, dalle grotte di San Canziano in Slovenia, passando per l'Abisso di Trebiciano, raggiunge il paese di San Giovanni di Duino. Qui ricompare in superficie per poi sfociare nel Golfo di Trieste dopo un paio di chilometri. Tale percorso viene considerato come uno dei più interessanti fenomeni carsici. Con i suoi 2 km di percorso in superficie in territorio italiano, il Timavo può essere considerato il fiume più corto della penisola[10] che sfoci in mare.
Trieste, affacciata sull'omonimo golfo nella parte più settentrionale dell'Alto Adriatico, si colloca fra la penisola italiana e l'Istria, distante qualche chilometro dal confine con la Slovenia nella regione storica della Venezia Giulia.
Il territorio cittadino di Trieste è occupato prevalentemente da un pendio collinare che cresce di altitudine fino a terreno montagnoso anche nelle zone limitrofe all'abitato. Geologicamente possiamo suddividere il territorio in due zone. La prima, comprende l'altopiano carsico, detto appunto Carso, noto per le sue grotte e le sue doline, che digrada bruscamente verso il mare con un'imponente scarpata. Il punto più elevato del territorio comunale raggiunge i 674 metri (Monte Cocusso). La seconda zona geologica comprende il centro città e larga parte delle periferie più popolose, che poggia sul cosiddetto "Flysch di Trieste".[11]
Il comune di Trieste è diviso in varie zone climatiche, a seconda della distanza della zona dal mare e della sua altitudine. Caratteristica di questa zona è l'abbondanza di terra rossa, terreno con una presenza accentuata di frazione argillosa rossa derivante dall'erosione del calcare, particolarmente adatta alla coltivazione dell'uva da vino.
Nel circondario della città di Trieste sono presenti numerosi corsi d'acqua, alcuni importanti - fiume Timavo, torrente Rosandra, rio Ospo - ed altri meno noti ma non per questo meno rilevanti dal punto di vista idrogeologico, storico e naturalistico. Molti di essi scorrono nel sottosuolo della città giuliana coperti dal manto stradale.
Le sorgenti di questi corsi minori, che hanno generalmente lunghezze di pochi chilometri (in qualche caso, anche meno), sono dovute alla fuoriuscita delle acque meteoriche che precipitano sull'altipiano carsico. Liberi un tempo di scorrere all'aperto, essi sono stati incanalati da quando la città si è sviluppata urbanisticamente, evento che è iniziato nella seconda metà del Settecento, in apposite condutture. Ancora oggi questi corsi d'acqua percorrono i sotterranei delle odierne via Carducci (precedentemente chiamata via del Torrente), via Battisti (ex Corsia Stadion), viale XX Settembre (ex viale dell'Acquedotto), via delle Sette fontane o piazza tra i Rivi.
A sud della città scorre il Rio Ospo, che segna il confine geografico con l'Istria.[12] Inoltre la moderna zona cittadina compresa tra la stazione ferroviaria, il mare, via Carducci e Piazza della Borsa, il Borgo Teresiano, venne edificata nel XVIII secolo dopo l'interramento delle precedenti saline per ordine dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria.
La stazione meteorologica Osmer di Trieste, che è situata sul molo Fratelli Bandiera, venerdì 10 febbraio 2011 ha segnato una raffica di bora avente un picco di 168 km/h. Si tratta del dato ufficiale più elevato di sempre tra quelli registrati secondo le norme internazionali dell'Organizzazione meteorologica mondiale.
Il clima della città di Trieste, secondo la classificazione di Köppen, rientra nel tipo subtropicale umido, anche se presenta marcati caratteri mediterranei.[13] Grazie a una latitudine intermedia tra il Polo nord e l'equatore, e alla sua posizione costiera, la città di Trieste gode di un clima mite d'inverno e piuttosto caldo, ma non torrido, d'estate.
Relativamente al trentennio ufficiale di riferimento della climatologia mondiale (IPCC/WMO) 1971-2000 la media annuale delle temperature presso le varie stazioni meteorologiche di Trieste è stata di 15 °C, mentre le temperature medie del mese più freddo (gennaio) si sono attestate attorno ai 5,8 °C e quelle del mese più caldo (luglio) leggermente al di sopra dei 24 °C.
Nei mesi invernali raramente le temperature, almeno sulla costa, scendono al di sotto dello zero; viceversa, nelle frazioni carsiche, spesso si registrano minime notturne negative. Scarse sono anche, lungo la fascia costiera, le giornate con neve, nebbia o grandine. L'umidità media annuale è del 64%, mentre l'escursione termica giornaliera è 4,5 °C: entrambe risultano tra le più basse d'Italia.
Data la peculiarità del territorio cittadino si può affermare che il centro di Trieste, sviluppatosi lungo la costa, presenta delle temperature relativamente miti e una discreta insolazione, mentre le frazioni e le località carsiche sviluppatesi sul retrostante altipiano a un'altezza tra i 200 e i 500 m hanno un clima decisamente più continentale: a Basovizza, situata a circa 370 metri s.l.m., la temperatura media annua si aggira attorno agli 11 °C con una media del mese più freddo (gennaio) di 1,5 °C e di quello più caldo (luglio) di 20,6 °C.
Al clima generalmente mite fanno eccezione i giorni, in alcuni anni rari, in altri più frequenti, in cui soffia la Bora, vento catabatico di provenienza est/nord-est, che soffia con particolare intensità specialmente verso l'Alto e Medio Adriatico che a Trieste si incunea dal retroterra incanalandosi lungo i bassi valichi che si aprono tra i monti alle spalle della città, per scendere sul centro abitato e sull'omonimo golfo. Sebbene per compressione adiabatica la temperatura dell'aria, scendendo sulla città, si riscaldi comunque di tre o quattro gradi, le raffiche aumentano notevolmente la percezione del freddo anche con temperature relativamente miti.
Eccezionalmente la bora soffia per brevissimi periodi anche d'estate, questa volta molto calda, provenendo sempre da est nord est, quindi dal continente, che è più caldo, verso il mare innalzando talvolta le temperature anche al di sopra dei 35 °C. Le raffiche di aria di origine continentale provenienti da est-nord-est, che si dirigono verso lo sbocco in Adriatico, acquistano ulteriore velocità, e in casi eccezionali, in mare aperto, si possono raggiungere i 50 nodi, come registrato nel dicembre 1996. In alcune zone la bora è più forte e frequente che in altre, e solamente la zona della costa triestina che va da Miramare a Sistiana, è riparata dall'effetto di tale vento.
Molto interessante per l'andamento del clima è la variazione avvenuta negli ultimi cento anni nella frequenza della bora e genericamente dei venti orientali, diminuiti di 28 giorni annui, mentre lo scirocco e i venti meridionali, nello stesso periodo, sono aumentati in frequenza di 26 giorni annui.
Vista la vicinanza dei rilievi, brevi piogge possono presentarsi durante tutto l'anno (questo è la principale incoerenza rispetto al tipico clima mediterraneo), mentre durante i mesi estivi le precipitazioni sono comunque rare e prevalentemente a carattere temporalesco (luglio in genere è il mese più secco). Le precipitazioni raggiungono l'apice della frequenza e dell'intensità a novembre e ad aprile, quando di norma scende di latitudine il flusso delle correnti perturbate atlantiche.
I dati climatologici base di Trieste sono:[14][15][16][17]
Mese | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
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Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 7,6 | 9,0 | 12,2 | 16,5 | 21,6 | 25,0 | 27,9 | 27,7 | 23,3 | 17,8 | 12,3 | 8,8 | 8,5 | 16,8 | 26,9 | 17,8 | 17,5 |
T. media (°C) | 5,7 | 6,6 | 9,4 | 13,2 | 18,1 | 21,4 | 24,1 | 24,5 | 20,1 | 15,2 | 10,1 | 6,9 | 6,4 | 13,6 | 23,3 | 15,1 | 14,6 |
T. min. media (°C) | 3,8 | 4,3 | 6,6 | 10,0 | 14,5 | 17,8 | 20,3 | 20,4 | 16,8 | 12,7 | 8,1 | 5,0 | 4,4 | 10,4 | 19,5 | 12,5 | 11,7 |
T. max. assoluta (°C) | 18,2 | 21,2 | 23,9 | 29,8 | 32,2 | 36,2 | 37,6 | 38,0 | 34,4 | 30,8 | 24,4 | 18,4 | 21,2 | 32,2 | 38,0 | 34,4 | 38,0 |
T. min. assoluta (°C) | −7,5 | −7,1 | −6,3 | 3,2 | 6,0 | 10,1 | 12,3 | 11,0 | 7,0 | 3,7 | −1,5 | −7,9 | −7,9 | −6,3 | 10,1 | −1,5 | −7,9 |
Giorni di gelo (Tmin ≤ 0 °C) | 5 | 3 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 3 | 11 | 1 | 0 | 0 | 12 |
Nuvolosità (okta al giorno) | 4,8 | 4,3 | 4,7 | 4,6 | 4,3 | 3,9 | 3,0 | 3,0 | 3,2 | 3,9 | 4,8 | 4,8 | 4,6 | 4,5 | 3,3 | 4,0 | 4,1 |
Precipitazioni (mm) | 58,0 | 56,9 | 63,4 | 82,8 | 84,2 | 100,4 | 62,1 | 84,5 | 103,4 | 111,4 | 107,4 | 88,5 | 203,4 | 230,4 | 247,0 | 322,2 | 1 003,0 |
Giorni di pioggia | 7,8 | 6,2 | 7,8 | 8,5 | 8,7 | 9,3 | 6,5 | 7,3 | 7,1 | 7,9 | 9,1 | 8,4 | 22,4 | 25,0 | 23,1 | 24,1 | 94,6 |
Giorni di neve | 0,7 | 0,5 | 0,2 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,1 | 0,5 | 1,7 | 0,2 | 0,0 | 0,1 | 2,0 |
Umidità relativa media (%) | 67 | 64 | 62 | 64 | 64 | 65 | 62 | 62 | 66 | 68 | 67 | 68 | 66,3 | 63,3 | 63 | 67 | 64,9 |
Eliofania assoluta (ore al giorno) | 3,1 | 4,2 | 4,6 | 5,9 | 7,3 | 8,1 | 9,3 | 8,4 | 7,0 | 5,4 | 3,3 | 2,7 | 3,3 | 5,9 | 8,6 | 5,2 | 5,8 |
Radiazione solare globale media (centesimi di MJ/m²) | 429 | 712 | 1 101 | 1 575 | 1 994 | 2 214 | 2 311 | 2 002 | 1 507 | 972 | 529 | 374 | 1 515 | 4 670 | 6 527 | 3 008 | 15 720 |
Ore di soleggiamento mensili | 96,1 | 118,7 | 142,6 | 177,0 | 226,3 | 243,0 | 288,3 | 260,4 | 210,0 | 167,4 | 99,0 | 83,7 | 298,5 | 545,9 | 791,7 | 476,4 | 2 112,5 |
Pressione a 0 metri s.l.m. (hPa) | 1 017 | 1 015 | 1 015 | 1 013 | 1 014 | 1 014 | 1 014 | 1 014 | 1 017 | 1 018 | 1 017 | 1 016 | 1 016 | 1 014 | 1 014 | 1 017,3 | 1 015,3 |
Vento (direzione-m/s) | E 5,0 | E 4,7 | E 4,6 | E 4,1 | E 3,7 | E 3,5 | E 3,7 | E 3,7 | E 3,8 | E 4,4 | E 4,5 | E 4,8 | 4,8 | 4,1 | 3,6 | 4,2 | 4,2 |
La città di Trieste è una delle meglio note d'Italia dal punto di vista botanico. La flora urbana, oggetto di studio a partire dalla seconda metà del XIX secolo, è stata oggetto di un censimento approfondito da parte di Fabrizio Martini,[18] che ha mappato la distribuzione di ben 1024 tra specie e sottospecie. La grande ricchezza floristica è dovuta a diversi fattori, tra cui i principali sono:
I giardini storici rilevanti da un punto di vista botanico presenti a Trieste sono lo storico Giardino pubblico Muzio de Tommasini, il Giardino storico di Villa Revoltella, il Giardino storico di Villa Engelmann, il Giardino storico di Villa Sartorio, il Giardino storico di Villa Cosulich, il Giardino storico Skabar, il Giardino storico di piazza Libertà, il Giardino storico di via Catullo, il Giardino storico di piazza Hortis, il Passeggio Sant'Andrea, il Giardino storico di piazza Carlo Alberto, il Giardino storico Basevi, mentre tra i parchi urbani degni di menzione sono il Parco Farneto e il Parco di Villa Giulia.
Nel territorio di Trieste cresce il garofanino di Trieste, un endemismo illirico presente anche nella città giuliana.
L'etimologia del nome Tergeste è di origine preromana con base preindoeuropea: terg in antico illirico significa "mercato", mentre il suffisso -este è tipico della lingua venetica (da non confondersi con la moderna lingua veneta), idioma parlato dagli antichi Veneti, popolazione indoeuropea stanziata nell'Italia nordorientale.[20] Il termine terg si ritrova anche nella lingua slava ecclesiastica antica nella forma tьrgъ con il medesimo significato, ovvero "mercato" (in sloveno, serbo e croato "mercato" si traduce invece trg oppure tržnica, mentre in polacco targ e in scandinavo antico torg).
Un'ipotesi alternativa, tuttavia rigettata dalla recente storiografia, che tenta di spiegare l'origine del nome Tergeste, riportata per la prima volta dal geografo di età augustea Strabone, vorrebbe che questo toponimo derivi dal latino tergestum, poi traslitterato in Tergeste. I fatti storici che giustificherebbero l'etimologia latina di Tergeste sono legati al fatto che i legionari romani avrebbero dovuto combattere tre battaglie per avere ragione delle popolazioni indigene abitanti l'antico insediamento preromano. Tergestum sarebbe infatti la contrazione di Ter-gestum bellum (dal latino ter = "tre volte" e gerere bellum = "far guerra", da cui il participio passato gestum bellum).
I nomi moderni di Trieste, nelle lingue storicamente parlate nella città giuliana, sono Trieste in italiano, Tergestum o Tergeste in latino, Trst in sloveno e in croato, Triest in tedesco, Trieszt in ungherese e Трст/Trst in serbo. Per quanto riguarda gli idiomi locali, le denominazioni della città giuliana sono Trièst in dialetto tergestino, e Trieste in dialetto triestino e in lingua veneta.
Il nome sloveno della città, Trst, significa anche canneto.
Il territorio dove attualmente sorge la città di Trieste e il suo retroterra carsico divennero sede stabile dell'uomo durante il Neolitico, periodo della Preistoria che corrisponde all'ultimo dei tre che costituiscono l'Età della pietra. A partire dalla tarda Età del bronzo, intorno al II millennio a.C., iniziò a svilupparsi nella zona la Cultura dei castellieri, gruppo etnico di incerta origine ma probabilmente pre-indoeuropeo e sicuramente proveniente dal mare.
Forse i castellieri erano di origine illirica, popolazione indoeuropea stanziata nell'antichità nella penisola balcanica nord-occidentale (Illiria e Pannonia) e lungo una parte della costa sud-orientale della penisola italiana (Messapia).
Dopo il X secolo a.C. è documentata la presenza sul Carso dei primi nuclei di indoeuropei, costituiti da comunità di Istri, che tuttavia, con ogni probabilità, non furono i primi abitatori della futura Trieste. Fra il X e il IX secolo a.C. essi entrarono in contatto con un'altra etnia indoeuropea, gli antichi Veneti, da cui Trieste venne poi notevolmente influenzata culturalmente.
La fondazione del primo nucleo della moderna Trieste nell'area del moderno centro storico sembrerebbe imputabile al popolo dei Veneti, come testimoniato dalle radici venetiche di parte del nome (in particolare il suffisso –este, mentre il prefisso terg- deriva, come già accennato, dall'antico illirico) e soprattutto da importanti reperti scoperti all'interno del perimetro del centro storico della città[21].
Tuttavia Strabone, importante geografo dell'età augustea, nella sua Geografia[22], fece risalire la fondazione di Tergeste alla tribù celtica dei Carni, popolo storicamente stanziato nella regione alpina orientale, e la definisce phrourion, ossia un avamposto militare con funzioni di difesa e di snodo commerciale[23].
Gli storici sono concordi sul fatto che successivamente la romana Tergeste divenne un castrum[24], ossia un accampamento nel quale risiedevano stabilmente truppe dell'esercito romano: per tale motivo diventò anche un importante porto militare[25].
Con la conquista militare dell'Illiria da parte degli antichi Romani (i cui episodi più salienti furono la guerra contro la pirateria degli Istri, che avvenne nel 221 a.C., la fondazione di Aquileia nel 181 a.C. e la guerra istrica del 178-177 a.C.) ebbe inizio un processo di romanizzazione e assimilazione delle popolazioni preesistenti.
Tergeste fu colonizzata durante la metà del I secolo a.C., verso la fine dell'età repubblicana, entrando poi a far parte della Regio X Venetia et Histria, una delle regiones in cui Augusto divise l'Italia nel 7 d.C..
Tergeste si affacciava sull'omonimo golfo nella parte più settentrionale dell'Alto Adriatico. Il territorio cittadino era occupato prevalentemente da un pendio collinare che diventava montagna anche nelle zone limitrofe all'abitato, che si trovava infatti ai piedi di un'imponente scarpata che dall'altopiano del Carso digradava bruscamente verso il mare. È probabile che la fortezza principale fosse situata sulle pendici del colle di San Giusto.
In seguito alla conquista romana di Tergeste, avvenuta intorno al II secolo a.C., la località divenne mūnǐcǐpǐum di diritto latino con il nome di Tergeste, sviluppandosi e acquisendo una netta fisionomia urbana già in epoca augustea. Ottenne lo status di colonia della tribus Pupinia probabilmente dopo la battaglia di Filippi (42-41 a.C.)[26].
Tergeste ottenne, durante il principato di Vespasiano, lo status di civitas[27], raggiungendo poi la sua massima espansione durante il principato di Traiano arrivando ad avere una popolazione, secondo Pietro Kandler, di 12,000–12,500 abitanti[28], consistenza demografica che Trieste raggiungerà nuovamente solo negli anni sessanta del XVIII secolo. Nella parte bassa del colle di san Giusto, verso il mare, è ancora oggi possibile osservare i resti dell'antica Tergeste romana, nonostante le numerose costruzioni moderne che ne coprono, in parte, la visuale.
Nel corso dell'inverno del 53-52 a.C.[29], Giulio Cesare soggiornò ad Aquileia insieme alla legio XV, dopo che la città era stata attaccata, insieme a Tergeste, dagli Iapidi.[30] Durante l'inverno successivo del 52-51 a.C., la legio XV venne inviata a svernare insieme alla legio VII e alla cavalleria con Tito Labieno ed il suo luogotenente, Marco Sempronio Rutilo, tra i Sequani a Vesontio. Per tali fatti gli abitanti di Tergeste sono citati nel De bello Gallico di Giulio Cesare:
«[...] Cesare chiamò Tito Labieno, che mandò la legione quindicesima (che aveva svernato con lui) nella Gallia Cisalpina a tutela delle colonie dei cittadini romani per evitare che incorressero, per incursioni di barbari, in qualche danno simile a quello che nell'estate precedente era toccato ai Tergestini che, inaspettatamente, avevano subìto irruzioni e rapine. [...]»
Tergeste si sviluppò e prosperò in piena età imperiale. Il nucleo abitativo, nel 33 a.C., venne cinto da alte mura (murum turresque fecit, "vennero innalzate mura e torri": oggi è ancora visibile la porta meridionale, il cosiddetto Arco di Riccardo) da Ottaviano Augusto, e arricchito di importanti costruzioni quali il foro e il teatro.
Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente Trieste conobbe un periodo di forte decadimento, riducendosi ad un piccolo villaggio di pescatori. Passò sotto il controllo dell'Impero bizantino fino al 788 (in questo periodo nacque la traslitterazione del suo nome in greco bizantino, Τεργέστη), quando venne occupata dai Franchi. Risale a quall'epoca la redazione del Placito del Risano, un documento che riassume, in qualità di verbale di arbitrato o accordo,[31], un'assemblea giudiziaria svoltasi nell'anno 804 in una località lungo il fiume Risano, nei pressi di Capodistria. È la più antica testimonianza scritta riguardante la presenza di popolazioni slave in Istria nelle immediate vicinanze di Trieste[32][33]. La diocesi di Trieste, fondata nel VI secolo, ottenne, nel 948, anche il pieno potere temporale sul proprio territorio. Tale periodo, il dominio vescovile di Trieste, durò fino al 1295. In seguito alla soppressione del patriarcato di Aquileia del 1751, divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Gorizia.
Nel 1098 Trieste risultava già diocesi vescovile con il nome latino di Tergestum. Nel XII secolo la città divenne un Libero Comune, e per i successivi tre secoli si alternarono al controllo della città la Repubblica di Venezia, la contea di Gorizia e il Patriarcato di Aquileia.
Nel 1368 entra in conflitto con Venezia in seguito ad un grave episodio di violenza perpetrato contro una galea della Serenissima ormeggiata nel porto della città, e a causa di questo deve prima accettare la sottomissione all'Austria per poi essere venduta dalla stessa alla Repubblica marinara.
Nel 1380, durante la Guerra di Chioggia, viene occupata dalla Patria del Friuli, e con il trattato di Torino viene costretta a prestare atto di dedizione ad Aquileia. Con la morte del patriarca di Aquileia Marquardo di Randeck nel 1381, il Capitano del castello di Duino Ugo VI detto Ugone, al servizio del Duca d'Austria, riesce a influenzare il Consiglio Cittadino convincendolo a sottomettersi per la seconda volta al dominio di Leopoldo III d'Asburgo (seconda dedizione). La resa della città viene firmata a Graz nel 1382: viene mantenuta l’autonomia comunale, non più però sotto un podestà elettivo, ma sotto un Capitano nominato dallo stesso Duca d'Austria, ruolo questo che sarà ricoperto proprio da Ugone.
La nuova situazione politica della città, di relativa tranquillità, permise a Trieste, nella prima metà del Quattrocento, un buono sviluppo commerciale, che la condusse però nel 1463 a scontrarsi con la Repubblica di Venezia. La città richiese il supporto degli Asburgo contro la Serenissima, ma l'Imperatore Federico III d'Asburgo non solo non intervenne, ma fece ritirare il suo Capitano e la guarnigione lasciando che l'esercito veneziano mettesse a ferro e fuoco la città, distruggesse le saline e devastasse le campagne.
La ribellione nei confronti della Casa d'Austria, che non aveva mantenuto il rispetto dei patti stipulati con il Libero Comune, non si fece attendere. Il capo della fazione imperiale Giannantonio Bonomo e i suoi accoliti vennero banditi dalla città; il Consiglio Cittadino elesse al suo posto Cristoforo Cancellieri, un valoroso soldato.
I fuoriusciti si radunarono nel castello di Duino pianificando la reazione, trovando appoggio in Nikla Luogar della Jama, Capitano di Vipacco e uomo fidato di Federico III. Nella notte di Capodanno del 1468 le porte fortificate di Trieste furono aperte dal traditore Nicolò Massaro, permettendo loro di cogliere di sorpresa i corpi di guardia e di occupare la città senza possibilità di opposizione. Cristoforo Cancellieri riuscì a fuggire, ma molti furono raggiunti nella fuga o arrestati nei loro letti.
I prigionieri vennero rinchiusi nella torre del castello di Duino e le loro case furono saccheggiate. Nikla Luogar fece incarcerare i tre giudici Rettori imponendone altri a sua scelta, e cominciò a sovvertire completamente gli ordinamenti cittadini. Il 9 febbraio 1468 venne nominato da Federico III Capitano imperiale.
Nikla Luogar della Jama assoggettò il Consiglio Cittadino ai suoi voleri, abolì ogni forma dell'antico statuto ed applicò di persona la giustizia punitiva. Il 28 maggio del 1468 fece votare al Consiglio la totale abolizione degli antichi diritti cittadini. Il nuovo patto di sottomissione venne fatto recare a Graz all'Imperatore, che accettò compiaciuto la nuova dedizione.
Trieste fu risparmiata dagli attacchi dell'Impero ottomano, la cui azione militare più importante fu un'incursione diretta in Friuli nel 1470, durante la quale fu incendiata Prosecco, oggi quartiere periferico triestino, che dista 8 km dal centro cittadino.[34]
La presenza di numerosi documenti dedicati alla viticoltura nella Trieste medievale testimonia l'importanza che questa attività aveva nell'economia cittadina. Infatti, sino allo sviluppo dell'attività mercantile marittima che seguì alla proclamazione del porto franco di Trieste, buona parte degli abitanti del piccolo borgo fortificato si dedicava alla viticoltura, che era praticata su tutto il territorio comunale, in particolare sul terreno marnoso-arenaceo che si trova a ridosso della città, soprattutto nelle zone più soleggiate.
Trieste era quindi un borgo fortificato circondato da vigneti, caratteristica riprodotta in numerose stampe d'epoca e descritta da molti viaggiatori stranieri. Il ruolo assolutamente centrale che il vino aveva nell'economia triestina è comprovato dalla presenza, sia in ambito ecclesiastico che civile, di decime e di altri sistemi basati sul computo della redditività delle vigne[35].
Il più importante prodotto della secolare viticoltura triestina è il vino Prosecco, che ha preso il nome dal castello di Prosecco. Sul documento più antico che lo cita viene menzionato come castellum nobile vino Pucinum. La produzione di questo vino si allargò ben presto oltre i confini comunali triestini, diffondendosi nel goriziano, in Friuli, in Dalmazia e soprattutto in Veneto, dove si sviluppò sino a diventare uno dei vini più famosi al mondo.
Contemporaneamente la sua produzione cessò sia a Trieste che nel Carso triestino, per riprendere a partire dall'inizio del XXI secolo grazie alla riorganizzazione del comparto vinicolo della regione Friuli-Venezia Giulia[36].
Nel 1719 Carlo VI d'Austria potenziò l'allora piccolo villaggio di Trieste istituendo il porto franco, i cui diritti vennero estesi durante il regno di Maria Teresa d'Austria, sua succeditrice, prima al Distretto Camerale (1747) e poi a tutto il territorio cittadino (1769).
Maria Teresa d'Austria, che salì al trono nel 1740, grazie ad un'attenta politica economica tracciò la via che permise a Trieste di divenire nel corso del tempo uno dei principali porti europei e il più importante dell'Impero austriaco. In età teresiana il governo austriaco investì capitali ingenti nell'ampliamento e nel potenziamento dello scalo.
Fra il 1758 e il 1769 furono approntate opere a difesa del molo e venne eretto un forte. Nelle immediate vicinanze del porto sorsero la Borsa valori (all'interno del Palazzo municipale, attorno al 1755), a cui fu poi dedicata una piazza, il Palazzo della Luogotenenza (1764), oltreché un grande magazzino e il primo cantiere navale di Trieste, noto come lo squero di san Nicolò.
In quegli anni iniziò ad essere edificato il Borgo Teresiano, che dell'imperatrice porta ancora il nome, per ospitare una popolazione che in città era in crescente aumento e che alla fine del secolo avrebbe raggiunto i 30.000 abitanti circa,[37], sei volte superiore a quella presente un centinaio di anni prima. Il notevole sviluppo demografico della città fu dovuto, in massima parte, all'arrivo di numerosi immigrati provenienti per lo più dal bacino adriatico (istriani, veneti, dalmati, friulani, sloveni) e –in minor misura– dall'Europa continentale (austriaci, ungheresi) e balcanica (serbi, greci, ecc.).
In un rapporto inviato all'imperatrice Maria Teresa, il conte Nikolaus von Hamilton, che ricoprì la carica di Presidente dell'Intendenza della città di Trieste dal 1750 al 1764, descrisse nel seguente modo l'uso delle lingue parlate dagli abitanti di Trieste:
«Gli abitanti usano tre diverse lingue: l'italiano, il tergestino e lo sloveno. La particolare lingua triestina, usata dalle persone semplici, non viene capita dagli italiani; molti abitanti in città e tutti quelli del circondario parlano sloveno.[38]»
Trieste fu occupata per tre volte dalle truppe di Napoleone: nel 1797, nel 1805 e nel 1809. In questi brevi periodi la città perse definitivamente l'antica autonomia, con la conseguente sospensione dello status di porto franco.
La prima occupazione francese fu molto breve, in quanto iniziò nel marzo 1797 concludendosi dopo due mesi, nel maggio successivo. Spaventata dall'imminente arrivo delle truppe napoleoniche, parte della popolazione abbandonò la città. Chi era rimasto era pronto a sollevarsi contro i soldati francesi. Calmierata la situazione, Napoleone visitò Trieste il 29 aprile successivo.
A maggio 1797 le truppe francesi lasciarono la città in virtù del trattato di Leoben.[39] La seconda occupazione francese iniziò a dicembre 1805 concludendosi a marzo 1806. Nonostante la brevità delle prime due occupazioni, le idee democratiche portate dalle truppe napoleoniche iniziarono a diffondersi anche a Trieste, dove iniziò a maturare la coscienza di una identità nazionale italiana.[40]
La terza occupazione francese ebbe inizio il 17 maggio 1809. A partire dal 15 ottobre Trieste venne inglobata nelle Province illiriche, governatorato francese costituente un'exclave della Francia metropolitana, che comprendevano anche la Carinzia, la Carniola, il Goriziano, l'Istria veneta, l'Istria asburgica, parte della Croazia e la Dalmazia. L'occupazione francese si concluse l'8 novembre 1813 in seguito alla battaglia di Lipsia.[39]
Ritornata agli Asburgo nel 1813, Trieste continuò a svilupparsi, anche grazie all'apertura della ferrovia con Vienna nel 1857. Negli anni sessanta dell'Ottocento Trieste fu elevata al rango di capoluogo di Land della regione del Litorale austriaco (Oesterreichisches Küstenland). Successivamente la città divenne, negli ultimi decenni dell'Ottocento, la quarta realtà urbana dell'Impero austro-ungarico, dopo Vienna, Budapest e Praga.
Grazie al suo status privilegiato di unico porto commerciale della Cisleitania, denominazione non ufficiale della metà occidentale dell'Impero austro-ungarico, un tempo facente parte del Sacro Romano Impero, Trieste divenne il primo porto dell'Impero austro-ungarico. La città giuliana diventò un centro fortemente cosmopolita, plurilingue e plurireligioso, come dimostra il censimento ufficiale austriaco del 31 dicembre 1910: il 51,83% della popolazione del comune (e il 59,46% del centro storico) era italofono, a cui si aggiungevano gli italiani immigrati dal Regno d'Italia, che erano considerati stranieri (il 12,9% degli abitanti del centro storico), il 24,79% degli abitanti era di lingua slovena (il 12,64% degli abitanti del centro storico), l'1,04% di lingua tedesca (il 1,34% degli abitanti del centro storico), mentre si contavano molte comunità minori: serbi, croati, armeni, ebrei, greci, ungheresi, inglesi e svizzeri[41].
Anno | Totale | %italiani | %sloveni | %tedeschi |
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1880 | 120515 | 73,76% | 21,79% | 4,27% |
1910 | 229510 | 51,83% | 24,79% | 5,04% |
1921 | 238655 | 84,80% | 7,61% | ignoto |
Nel XVIII secolo in città il dialetto triestino, dialetto veneto coloniale parlato anche in buona parte della moderna provincia di Trieste e nell'attuale provincia di Gorizia[N 1]), sostituì il dialetto tergestino, antico dialetto locale retoromanzo con una forte correlazione con la lingua friulana.
Trieste fu –insieme a Trento– uno dei maggiori centri dell'irredentismo italiano, movimento d'opinione, espressione dell'aspirazione italiana a perfezionare territorialmente la propria unità nazionale, liberando le terre soggette al dominio straniero,[44] che fu particolarmente attivo tra gli ultimi decenni del XIX secolo e i primi del XX secolo in tutti i territori compresi nella regione geografica italiana o popolati da italofoni, oppure collegati all'Italia da secolari legami storici, linguistici e culturali.
Come conseguenza della terza guerra d'indipendenza italiana (1866), che portò all'annessione del Veneto al Regno d'Italia, l'amministrazione imperiale austriaca, per tutta la seconda metà del XIX secolo, aumentò le ingerenze sulla gestione politica del territorio per attenuare l'influenza del gruppo etnico italiano temendone le già citate correnti irredentiste, arrivando anche a scontri. In particolare, durante la riunione del Consiglio dei ministri del 12 novembre 1866, l'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria tracciò un progetto di ampio respiro mirante alla germanizzazione o alla slavizzazione delle aree dell'Impero con l'obiettivo di sradicare l'etnia italiana:
«Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l'influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Sua Maestà richiama gli uffici centrali al forte dovere di procedere in questo modo a quanto stabilito.»
I prodromi a questa decisione si ebbero dopo la seconda guerra d'indipendenza italiana, da cui conseguì l'incorporazione della Lombardia al nascituro Stato italiano (1859). In seguito a questo evento il governo austriaco favorì il formarsi di una coscienza nazionale slovena allo scopo di contrastare l'irredentismo italiano. La presa di coscienza dell'identità slovena fece aumentare la regressione dell'uso della lingua italiana, che pur conservò un notevole prestigio per tutto il periodo austriaco, cosa che terminò alla fine della prima guerra mondiale con l'annessione di Trieste all'Italia, dopo della quale l'italiano diventò l'unica lingua ufficiale.
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| Aree del Litorale austriaco, della Carinzia e della Carniola assegnate all'Italia nel 1920 con il trattato di Rapallo (con ritocchi del suo confine nel 1924 dopo il trattato di Roma): |
Aree annesse definitivamente all'Italia nel 1920
Aree annesse al Regno d'Italia nel 1920, passate al Territorio Libero di Trieste nel 1947 con i trattati di Parigi e assegnate all'Italia nel 1975 con il trattato di Osimo
Aree annesse al Regno d'Italia nel 1920, passate al Territorio Libero di Trieste nel 1947 con i trattati di Parigi e assegnate alla Jugoslavia nel 1975 con il trattato di Osimo
Aree annesse al Regno d'Italia nel 1920 e poi assegnate alla Jugoslavia nel 1947 con i trattati di Parigi
Nella città, durante le manifestazioni pro italiane che seguirono a una petizione firmata da 5,858 cittadini verso l'Inclito Consiglio della città che richiedeva il diritto di insegnamento della lingua italiana nelle scuole statali, avvenute tra il 10 e il 12 luglio 1868, scoppiarono scontri e violenze nelle strade principali cittadine con gli sloveni locali arruolati fra i soldati asburgici, che provocarono la morte dello studente Rodolfo Parisi, ucciso con 26 colpi di baionetta, e di due operai, Francesco Sussa e Niccolò Zecchia.[47][48]
Il 13 febbraio del 1902 iniziò uno sciopero generale a favore dei fuochisti del Lloyd. Il governo austriaco, in accordo con il governatore di Trieste Leopold von Goess, temendo una saldatura tra il partito socialista triestino prevalentemente di etnia italiana ed elementi irredentisti, proclamò il 14 febbraio lo stato d'assedio e la legge marziale.
Durante lo svolgersi della manifestazione, intervenne la 55ª brigata di fanteria agli ordini del generale Franz Conrad von Hötzendorf, che procedette ad una violenta repressione ordinando ai suoi uomini di caricare la folla con le baionette e concludendo l'azione con varie scariche di fucile ad altezza d'uomo. Quattordici persone rimasero uccise nell'azione ed oltre 200 ferite.
Nel 1909 il governatore austriaco Konrad zu Hohenlohe-Schillingsfürst proibì l'uso della lingua italiana in tutti gli edifici pubblici e con un altro decreto del 1913 l'Austria estromise ufficialmente gli italiani dalle amministrazioni comunali e dalle aziende municipalizzate[49]. Anche Trieste fu coinvolta nel processo di croatizzazione della Venezia Giulia, che avvenne durante la dominazione austro-ungarica. Queste ingerenze, insieme ad altre azioni di favoreggiamento al gruppo etnico slavo ritenuto dall'Impero più fedele alla Corona, esasperarono la situazione andando ad alimentare le correnti più estremiste e rivoluzionarie.
lingua italiana (118.959) | 51,8% | |||
lingua slovena (56.916) | 24,8% | |||
lingua tedesca (11.856) | 5,2% | |||
serbo-croato (2.403) | 1,1% | |||
altre lingue (779) | 0,3% | |||
cittadini del Regno d'Italia(29.639) | 12,9% | |||
altri stranieri (8.958) | 3,9% |
Agli inizi del Novecento il gruppo etnico sloveno di Trieste conobbe una fase di ascesa demografica, sociale ed economica. Ciò spiega come l'irredentismo assunse spesso, nella città giuliana, dei caratteri marcatamente anti-slavi, che vennero perfettamente incarnati dalla figura di Ruggero Timeus. Allo scoppio della prima guerra mondiale 128 triestini si rifiutarono di combattere sotto le bandiere austro-ungariche e –subito dopo l'entrata in guerra dell'Italia contro gli Imperi centrali– si arruolarono nel Regio Esercito italiano.
Fra i volontari che persero la vita nel corso del conflitto[N 2] si ricordano gli scrittori e gli intellettuali Scipio Slataper, Ruggero Timeus e Carlo Stuparich, fratello del più noto Giani Stuparich. Primo esponente di tale movimento è considerato il triestino Wilhelm Oberdank, successivamente italianizzato in Guglielmo Oberdan che, per aver ordito un complotto per uccidere l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe e trovato in possesso di due bombe Orsini, fu processato ed impiccato nella sua città natale il 20 dicembre 1882.
Particolarmente attivi sul fronte delle idee e della propaganda furono i fuoriusciti triestini in Italia e Francia, dove ebbero un ruolo di primaria importanza nella fondazione, a Roma, di un Comitato centrale di propaganda dell'Alto Adriatico (1916) e, a Parigi, dell'associazione Italia irredenta. Tutti i membri degli organi direttivi del Comitato erano triestini, ad eccezione del dalmata italiano Alessandro Dudan.[50]
Tra il 1915 e il 1917, durante la prima guerra mondiale, il Servizio Aeronautico italiano bombardò Trieste in diverse occasioni, causando numerose vittime tra la popolazione civile. Il 4 novembre del 1918, al termine del conflitto, che vide l'Italia vittoriosa, il Regio Esercito italiano entrò a Trieste al comando del generale Carlo Petitti di Roreto, acclamato da quella parte della popolazione che era di sentimenti italiani, il quale dichiarò lo stato di occupazione ed il coprifuoco.
La sicura ed imminente annessione della città e dell'intera Venezia Giulia all'Italia, invano contrastata al tavolo della pace dai rappresentanti del neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, che reclamarono invece l'annessione della città e del suo entroterra al regno slavo, fu accompagnata da un forte inasprimento dei rapporti tra il gruppo etnico italiano e quello sloveno, traducendosi talvolta anche in scontri armati.
Dopo la prima guerra mondiale le truppe italiane occuparono militarmente la parte della Dalmazia promessa all'Italia dal Patto di Londra, accordo segreto firmato il 26 aprile 1915, stipulato tra il governo italiano e i rappresentanti della Triplice Intesa, con cui l'Italia si era impegnata a scendere in guerra contro gli Imperi centrali in cambio di cospicui compensi territoriali poi non completamente riconosciuti nel successivo trattato di Versailles (1919), che fu invece firmato alla fine del conflitto.[51]
Lo sviluppo del fascismo a Trieste fu precoce e rapido. Nel maggio 1920 si costituirono in città le prime Squadre volontarie di difesa cittadina, nuclei di squadristi fascisti al comando dell'ufficiale di Marina Ettore Benvenuti. Nel giugno successivo veniva aperta la sede dell'Avanguardia studentesca triestina, anch'essa di chiara ispirazione fascista. L'11 luglio 1920 a Spalato scoppiarono i cosiddetti "incidenti", nel corso dei quali un cittadino croato e due militari italiani vennero uccisi.
Due giorni dopo i fascisti di Trieste organizzarono una manifestazione in città, durante la quale fu ucciso in circostanze mai chiarite un giovane italiano di nome Giovanni Nini. La folla, incitata dagli squadristi capitanati da Francesco Giunta, circondò in massa il Narodni dom, il massimo centro culturale cittadino degli sloveni e delle altre nazionalità slave locali, che venne incendiato: lo sloveno Hugo Roblek, ivi ospitato, morì gettandosi dalla finestra per sfuggire alle fiamme. Nella medesima manifestazione venne anche ferito in circostanze non chiare Luigi Casciana, un ufficiale italiano in licenza a Trieste, che morirà in ospedale qualche giorno dopo.
Lo stesso giorno alcuni squadristi devastarono gli uffici della "Jadranska banka", la filiale della "Ljubljanska kreditna banka", la tipografia del settimanale "Edinost", la Cassa di Risparmio Croata, la scuola serba e numerosi altri luoghi di aggregazione delle comunità etniche presenti a Trieste, oltre a quelli del Partito socialista, che aveva idee politiche differenti rispetto a quelle degli squadristi[52][53].
Con la firma del trattato di Rapallo del novembre 1920, Trieste passò definitivamente all'Italia, inglobando nel proprio territorio provinciale zone dell'ex Contea Principesca di Gorizia e Gradisca, dell'Istria e della Carniola.
Il periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale fu segnato da numerose difficoltà per Trieste. La città fu colpita infatti da una pesante crisi economica, causata dalla perdita di importanza del porto, un tempo il maggiore dell'Impero austro-ungarico. Ne soffrì soprattutto l'attività commerciale, ma anche il settore finanziario. Trieste perse la sua secolare autonomia comunale, resa molto ampia dalla Corona austriaca, cambiando gradualmente anche la propria ripartizione linguistica e culturale. Quasi la totalità della comunità germanofona lasciò infatti la città dopo l'annessione all'Italia, con l'elemento italiano che acquisì gradualmente importanza.
Con l'avvento del fascismo al governo nazionale, fu inaugurata a Trieste e in Venezia Giulia una politica di "snazionalizzazione" delle minoranze cosiddette allogene. A partire dalla metà degli anni venti si diede avvio all'italianizzazione dei toponimi e dei cognomi slavi[54][55][56], mentre nel 1929 l'insegnamento in sloveno e in tedesco fu definitivamente bandito da tutte le scuole pubbliche cittadine di ogni ordine e grado e –poco più tardi– furono chiuse le scuole, i circoli culturali e la stampa della comunità slovena.
Nonostante i problemi economici e il teso clima politico, la popolazione della città crebbe negli anni venti del Novecento, grazie soprattutto all'immigrazione da altre zone dell'Italia. La prima metà degli anni trenta fu invece un periodo di ristagno demografico, con una leggera flessione della popolazione dell'ordine di circa l'1% su base quinquennale (nel 1936 si contarono quasi duemila abitanti in meno rispetto al 1931). Nello stesso periodo e, successivamente, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, furono portate avanti alcune importanti opere urbanistiche. Tra gli edifici più rilevanti vanno ricordati il palazzo dell'Università e il Faro della Vittoria.
L'obiettivo era quello di assimilare forzosamente i gruppi etnici minoritari. Tale politica, unitamente alle azioni anti-slave degli squadristi fascisti – a volte costellate da incidenti con morti e feriti, ebbero gravissime ripercussioni sui delicati rapporti interetnici. A causa della persecuzione etnica, circa il 10% degli sloveni residenti in città scelse di emigrare nel vicino Regno di Jugoslavia. Dalla fine degli anni venti si sviluppò l'attività sovversiva dell'organizzazione antifascista e irredentista sloveno-croata TIGR, con alcuni attentati dinamitardi anche nel centro cittadino.
Le organizzazioni indipendentiste e terroriste slovene, fra cui il TIGR e la Borba, reagirono agli assassini perpetrati dai fascisti con altrettanta brutalità: si moltiplicarono gli atti di resistenza armata e si verificarono azioni violente contro gli esponenti del regime fascista e i membri delle Forze dell'Ordine o – in alcuni casi – anche contro semplici cittadini.
Nel 1930 a Trieste furono organizzati due attentati ad opera del TIGR: quello al Faro della Vittoria e, ben più grave, quello alla redazione de Il Popolo di Trieste, che causò la morte dello stenografo Guido Neri e il ferimento di tre persone. Le autorità di polizia procedettero ad una vasta azione investigativa, debellando le cellule di resistenza: gli accusati (tutti sloveni) di vari crimini comprendenti – oltre agli attentati dinamitardi – anche una serie di omicidi, tentati omicidi ed incendi, vennero processati dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato, traslato per l'occasione da Roma a Trieste per eseguire il primo processo di questo tipo nella città giuliana.
Il processo si concluse con una condanna esemplare: a quattro imputati fu inflitta la pena di morte (Ferdo Bidovec, Fran Marušič, Zvonimir Miloš e Alojzij Valenčič), venendo fucilati a Basovizza il 6 settembre 1930, mentre ad altri dodici vennero inflitte varie pene detentive fra i due anni e sei mesi e i trent'anni. Due vennero invece assolti.
Nel dicembre 1941 – a seconda guerra mondiale già iniziata – fu celebrato, sempre a Trieste, un secondo processo dal Tribunale speciale per la Difesa dello Stato contro nove membri del TIGR (sloveni e croati) che furono accusati di terrorismo e spionaggio. Cinque di loro (Pinko Tomažič, Viktor Bobek, Ivan Ivančič, Simon Kos e Ivan Vadnal) furono giustiziati a Opicina, gli altri imprigionati. Con questo secondo processo l'organizzazione terrorista antifascista venne annientata.
L'entrata in guerra dell'Italia al fianco della Germania nazista – nel giugno 1940 – comportò per Trieste, come per il resto d'Italia, lutti e disagi di ogni tipo, che si acuirono negli anni successivi, con il protrarsi del conflitto. L'invasione della Jugoslavia, nella primavera del 1941, riaccese la resistenza slovena e croata nella Venezia Giulia, soprattutto a partire dal 1942.
Gli eventi bellici e, in taluni casi, una deliberata politica terroristica delle truppe di occupazione tedesche e italiane nei confronti delle popolazioni slovene e croate soggette al loro dominio (villaggi bruciati, decimazioni, uccisioni indiscriminate di civili), unitamente all'apertura di campi di concentramento per slavi sul territorio italiano dove persero la vita migliaia di innocenti,[senza fonte] approfondirono ulteriormente il solco d'odio interetnico che il fascismo aveva contribuito ampiamente a creare. Tale odio non fu estraneo alla tragedia che sarebbe stata vissuta dalla città di Trieste e dall'intera Venezia Giulia durante e dopo la seconda guerra mondiale.
Fin dall'estate del 1942 si ebbe una recrudescenza della violenza squadrista nella città giuliana che si protrasse fino alla caduta del fascismo (25 luglio 1943). Il 30 giugno 1942 si costituì a Trieste un Centro per lo studio del problema ebraico – su imitazione di quello romano – e il 18 luglio successivo fu assalita e danneggiata gravemente la sinagoga di Trieste, già presa di mira un anno prima.
Nei mesi che seguirono i fascisti devastarono anche molti negozi di ebrei e slavi, senza però riuscire mai a coinvolgere in tali azioni di "teppismo politico" la cittadinanza triestina, stanca delle violenze squadriste. Nel 1942 iniziò a funzionare anche l'Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza per la Venezia Giulia con sede in una palazzina di via Bellosguardo, che ben presto si convertì in un luogo di torture e di morte per antifascisti o supposti tali. Conosciuta come Villa Triste, fu l'antesignana di tante altre Ville Tristi italiane che da essa presero il nome.
Dal proclama Badoglio dell'8 settembre 1943, che annunciò l'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile con il quale il Regno d'Italia cessò le ostilità verso gli Alleati, decretando l'inizio di fatto della Resistenza italiana contro il nazifascismo, Trieste fu al centro di una serie di vicende che hanno segnato profondamente la storia del capoluogo giuliano e della regione circostante e che suscitano tuttora accesi dibattiti.
Nel settembre del 1943 la Germania nazista occupò senza alcuna resistenza la città, che venne a costituire, insieme a tutta la Venezia Giulia, la Zona d'operazioni del Litorale adriatico (Operationszone Adriatisches Küstenland), zona d'operazioni di guerra, alle dirette dipendenze del Gauleiter di Carinzia Friedrich Rainer.
Friedrich Rainer tollerò in città la ricostituzione di una sede del Partito Fascista Repubblicano, diretta dal federale Bruno Sambo, la presenza di un'esigua forza di militari italiani al comando del generale della Guardia Nazionale Repubblicana Giovanni Esposito e l'insediamento di un reparto della Guardia di Finanza repubblichina.
Rainer si riservò la nomina del podestà di Trieste, scelto poi nella persona di Cesare Pagnini, e del prefetto della provincia di Trieste, che diventò Bruno Coceani, entrambi ben accetti ai fascisti locali, alle autorità della Repubblica Sociale Italiana e allo stesso Benito Mussolini, che conosceva personalmente Coceani. Durante l'occupazione nazista, la Risiera di San Sabba – oggi Monumento Nazionale e museo – venne destinata a campo di prigionia e di sterminio per detenuti politici, ebrei, partigiani italiani e slavi, con forni crematori che funzionavano a pieno regime. In seguito – nei primi anni cinquanta – la Risiera di San Sabba fu usata come campo profughi per gli esuli giuliani, fiumani e dalmati in fuga dai territori passati sotto la sovranità jugoslava.
Nonostante la dura repressione attuata dalle autorità naziste e fasciste, centinaia di abitanti del comune di Trieste si aggregarono alle unità partigiane slovene operanti in Venezia Giulia per contrastare le truppe degli occupanti tedeschi. Molti di essi morirono nelle azioni di guerriglia partigiana o nei lager tedeschi, oltre che nella Risiera. I loro nomi risultano scolpiti sui monumenti eretti in loro ricordo in quasi tutte le frazioni della città.
Le autorità tedesche e italiane commisero nei confronti della popolazione civile numerosi crimini; la maggior parte di questi furono compiuti nella stessa Trieste. Il 3 aprile 1944 i nazi-fascisti fucilarono al poligono di Opicina 71 persone, scelti a caso tra i detenuti delle carceri triestine per rappresaglia allo scoppio di una bomba ad orologeria che il giorno precedente, in un cinema di Opicina, aveva provocato la morte di 7 militari tedeschi. I corpi dei prigionieri fucilati a Opicina furono portati il giorno seguente alla Risiera di San Sabba; si trattò delle prime vittime bruciate nel forno crematorio costruito dai nazisti.[58]
La Risiera di San Sabba, oltre ad essere stata usata come campo di smistamento di oltre 8,000 deportati provenienti dal fronte di guerra orientale che furono poi destinati agli altri campi di concentramento nazisti, fu adoperata in parte anche come luogo di detenzione, tortura ed eliminazione di prigionieri sospettati di attività sovversiva nei confronti del regime nazista.[59][60] In questo campo di concentramento operarono vari criminali di guerra fra cui Ernst Lerch, Christian Wirth, Dietrich Allers, Franz Stangl, Kurt Franz, Otto Stadie, Joseph Oberhauser.
«Qui trovarono la morte tra le 2 e le 4 mila persone (secondo le stime emerse dal Processo della Risiera, svoltosi nel 1976), per lo più oppositori politici, partigiani italiani, sloveni e croati.»
Finita la guerra, la Risiera, durante l'occupazione alleata di Trieste, fu utilizzata come centro di accoglienza dei rifugiati italiani dell'esodo giuliano-dalmata. Con il D.P.R. n. 510 del 15 aprile 1965, il Presidente Giuseppe Saragat dichiarò la Risiera di San Sabba monumento nazionale quale "unico esempio di lager nazista in Italia"[62].
Il 23 aprile 1944 si consuma l'eccidio di via Ghega. Come rappresaglia per un attentato dinamitardo al circolo "Soldatenheim" in cui erano morti 4 militari tedeschi, furono prelevati 51 prigionieri politici dal carcere triestino del Coroneo i quali, dopo essere stati portati sul luogo dell'attentato, furono impiccati ad ogni angolo e finestra del palazzo Rittmeyer di via Ghega lasciando poi i cadaveri esposti alla pubblica vista per cinque giorni, prima di seppellirli in una fossa comune.[63]
Il ritiro dei tedeschi da Trieste a causa dell’avanzamento delle truppe jugoslave, consentì a queste ultime di conquistare la città ed assumerne il pieno controllo. Da parte degli abitanti di lingua italiana, che costituivano la maggior parte della popolazione, l’arrivo degli jugoslavi venne considerato come una nuova occupazione. Da parte degli oltre 30.000 abitanti di lingua slovena[64] l’arrivo dei militari jugoslavi veniva considerata invece come una liberazione, non solo dall’occupazione tedesca, ma anche dalla liberazione dal fascismo ed anche dalla invisa sovranità del Regno d’Italia. Dopo assegnazione di Trieste al Regno d’Italia, in base al trattato di Rapallo (1920) gli sloveni triestini furono infatti separati dal resto della popolazione slovena, assegnata al regno jugoslavo, ed inoltre persero i loro diritti linguistici precedentemente concessi dall’Impero austriaco, come ad esempio quello dell’istruzione obbligatoria nella propria lingua madre, senza considerare le persecuzioni attuate nei loro confronti dal regime fascista avallato dalla monarchia italiana.
L'insurrezione dei partigiani antifascisti italiani e jugoslavi a Trieste fu contraddistinta da uno svolgimento anomalo. Il 30 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale del quale era presidente don Edoardo Marzari, composto da tutte le forze politiche italiane antifasciste con l'eccezione dei comunisti, proclamò l'insurrezione generale. Al tempo stesso le brigate dei partigiani jugoslavi, con l'appoggio del Partito Comunista Italiano, attaccarono dall'altipiano carsico appena fuori della città giuliana. Si noti che esse non contenevano nessuna unità partigiana italiana inserita nell'Esercito jugoslavo, mandate invece a operare altrove, benché molti triestini (italiani e sloveni) vi fossero compresi.[senza fonte] Gli scontri si registrarono principalmente nelle zone di Opicina, che si trova sull'altipiano, del Porto Vecchio, del castello di San Giusto e dall'interno del Palazzo di Giustizia, in pieno centro cittadino. La restante parte della città fu liberata.
Il comando nazista si arrese solo il 2 maggio alle avanguardie neozelandesi, che precedettero di un giorno l'arrivo del generale Bernard Freyberg. Le brigate partigiane jugoslave di Tito erano però già giunte a Trieste il 1º maggio. I loro dirigenti convocarono in breve tempo un'assemblea cittadina composta in maggioranza da cittadini jugoslavi, con solo due italiani. Tale occupazione avvenne in seguito alla cosiddetta "corsa per Trieste", ossia l'avanzata verso la città giuliana compiuta, per fini di politica post-bellica e in maniera concorrenziale, nella primavera del 1945 da parte della Quarta armata jugoslava e dell'Ottava armata britannica e che fu vinta dagli jugoslavi, come testimoniato dall'arrivo delle già citate brigate jugoslave di Tito, che anticiparono i neozelandesi.
L'assemblea cittadina precedentemente citata proclamò la liberazione di Trieste. In questo modo i partigiani di Tito furono politicamente presentati come i veri liberatori della città giuliana agli occhi degli alleati, spingendo i partigiani non comunisti del Comitato di Liberazione Nazionale italiano a rientrare nella clandestinità. Gli jugoslavi esposero sui palazzi la Bandiera della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, oltre che la bandiera d'Italia con la stella rossa al centro e le bandiere rosse comuniste con falce e martello. La Seconda divisione neozelandese riconobbe che la liberazione della città era stata compiuta dai partigiani di Tito. In cambio gli angloamericani chiesero e ottennero la gestione diretta del porto e delle vie di comunicazione con l'Austria: non essendo ancora a conoscenza del suicidio di Hitler, stavano infatti preparando un'invasione dell'Austria e quindi della Germania.
L'esercito jugoslavo approfittò della situazione assumendo i pieni poteri. Esso nominò poi un Commissario Politico, Franc Štoka, membro del partito comunista jugoslavo. Il 4 maggio vennero emanati dall'autorità jugoslava presente a Trieste, chiamata Comando Città di Trieste (Komanda Mesta Trst), gli ordini 1, 2, 3 e 4, che proclamarono lo stato di guerra imponendo il coprifuoco a combattimenti terminati e uniformarono il fuso orario triestino a quello jugoslavo[65].
Questi provvedimenti limitarono anche la circolazione dei veicoli e decretarono al contempo il prelevamento dalle proprie case di centinaia di cittadini, sospettati di nutrire scarse simpatie nei confronti della ideologia comunista che guidava le brigate jugoslave.
Fra questi non vi furono solo fascisti o collaborazionisti, ma anche combattenti non comunisti della Guerra di Liberazione italiana o anche stessi comunisti che si opponevano all'annessione di Trieste alla Jugoslavia, che vennero deportati in massa in vari campi di prigionia, quali il campo di concentramento di Borovnica o quello di Goli Otok da cui non fecero più ritorno. Molti di essi furono uccisi direttamente e gettati nelle foibe triestine.
A Basovizza, frazione del comune di Trieste, nel maggio del 1945 venne occultato all'interno del pozzo (Foiba di Basovizza) un numero imprecisato di cadaveri di prigionieri, militari e civili trucidati dall'esercito e dai partigiani jugoslavi. Un memorandum statunitense dell'8 maggio recitava:
«A Trieste gli jugoslavi stanno usando tutte le familiari tattiche di terrore. Ogni italiano di una qualche importanza viene arrestato. Gli Jugoslavi hanno assunto un controllo completo e stanno attuando la coscrizione degli italiani per il lavoro forzato, rilevando le banche e altre proprietà di valore e requisendo cereali e altre vettovaglie in grande quantità.»
L'otto maggio proclamarono Trieste città autonoma in seno alla Repubblica Federativa di Jugoslavia. Sugli edifici pubblici fecero sventolare la bandiera Jugoslava affiancata dal Tricolore italiano con la stella rossa al centro.
La città visse momenti difficili, di gran timore, con le persone dibattute tra idee profondamente diverse: l'annessione alla Jugoslavia o il ritorno all'Italia. In questo clima si verificarono confische, requisizioni e arresti sommari. Vi furono anche casi di vendette personali, in una popolazione esasperata dagli eventi bellici e dalle contrapposizioni del periodo fascista. Invano i triestini sollecitarono l'intervento degli Alleati.
Il comando alleato e quello jugoslavo raggiunsero infine un accordo provvisorio sull'occupazione di Trieste. Il 9 giugno 1945 a Belgrado, Josip Broz Tito, verificato che Stalin non era disposto a sostenerlo, concluse l'accordo con il generale Alexander. Furono create una zona A, affidata all'amministrazione alleata, che comprendeva Trieste e Gorizia e saliva lungo l'Isonzo a Tolmino e Caporetto fino al confine di Tarvisio per scendere giù fino all'enclave di Pola, e una zona B, affidata all'amministrazione della Repubblica Federale di Jugoslavia, che comprendeva l'Istria, Fiume e le Isole del Quarnaro.
Il 10 febbraio 1947 fu firmato il Trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate, che istituì il Territorio Libero di Trieste (TLT), costituito dal litorale triestino lungo la parte nordoccidentale dell'Istria, provvisoriamente diviso da un confine passante a sud della cittadina di Muggia ed amministrato dal Governo Militare Alleato (zona A) e dall'esercito jugoslavo (zona B), in attesa della creazione degli organi costituzionali del nuovo Stato.
La situazione si chiarì solo il 5 ottobre 1954, quando con il Memorandum di Londra la Zona A con la città di Trieste e il suo porto franco internazionale passarono dall'amministrazione militare alleata all'amministrazione civile italiana, mentre la Zona B passò dall'amministrazione militare a quella civile jugoslava. Passarono quindi all'amministrazione italiana i seguenti comuni della zona A: Duino-Aurisina, Sgonico, Monrupino, Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle. Il passaggio dei poteri nella Zona A avvenne ufficialmente il 25 ottobre 1954.
Gli accordi prevedevano inoltre alcune rettifiche territoriali a favore della Jugoslavia (la cosiddetta "operazione Giardinaggio"), che cambiarono lievemente i confini della zona A con la cessione di alcune aree appartenenti al comune di Muggia; complessivamente il mutamento di confini interessò una decina di km². Il 4 novembre 1954, durante le celebrazioni della Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate, Festa nazionale che commemora la vittoria italiana nella prima guerra mondiale, considerata il completamento del processo di unificazione risorgimentale grazie all'annessione di Trento e Trieste, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi si recò nella città giuliana in visita ufficiale. Nel corso del suo breve discorso affermò:
«... Voi triestini, per giungere alla meta, avete discusso clausola per clausola, parola per parola, per lunghi mesi l'accordo or firmato. Avete difeso metro per metro quel territorio che nella vostra convinzione doveva rimanere unito a Trieste. Consentitemi di congratularmi con voi per aver dato prova di coraggio. Operando così, in silenzio, siete benemeriti della patria italiana."...»
Nella zona A erano presenti 5,000 soldati americani della TRUST (TRieste United States Troops) e 5,000 soldati britannici della BETFOR (British Element Trieste FORce). La presa di possesso della zona A da parte dell'Italia avviene il 26 ottobre 1954; gli alleati si ritirarono tra il 25 e il 27. Con legge costituzionale del 31 gennaio 1963, entrata in vigore il 16 febbraio, viene poi formata la regione Friuli-Venezia Giulia, di cui Trieste diviene capoluogo.
Fu necessario attendere il Trattato di Osimo del 10 novembre 1975 per un regolamento definitivo tra Italia e Jugoslavia, con la conseguente fine delle rivendicazioni territoriali tra i due Paesi, il quale sancì de jure la separazione territoriale che già si era venuta a creare de facto in seguito al Memorandum di Londra (1954), rendendo definitive le frontiere fra l'Italia e l'allora Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia[67].
Il Trattato di Osimo concluse quindi la fase storica iniziata nel 1947 con il trattato di pace di Parigi, con il quale era stata decretata la cessione alla Jugoslavia di gran parte della Venezia Giulia e dell'intero Quarnaro (ossia Fiume e le isole Quarnerine, la quasi totalità dell'Istria e gli altopiani carsici a est e nord-est di Gorizia) e la creazione del Territorio Libero di Trieste comprendente l'attuale provincia di Trieste e i territori costieri istriani da Ancarano a Cittanova (oggi, rispettivamente, in Slovenia e in Croazia).
La mancata attivazione delle procedure per la costituzione degli organi costituzionali del Territorio Libero di Trieste impedì di fatto a questo di costituirsi ufficialmente. La successiva cessione del potere di amministrazione civile del Territorio Libero di Trieste all'Italia (zona A) e Jugoslavia (zona B) creò le condizioni per gli sviluppi successivi che portarono infine al Trattato di Osimo.
Nel 2004, insieme ad altri Paesi europei, la Slovenia è entrata a far parte dell'Unione europea, e nel 2007, ha aderito alla convenzione di Schengen, facendo così venir meno la figura di Trieste come città di confine. In particolare, la convenzione regola l'apertura delle frontiere tra i Paesi aderenti; dal 2007, quindi, i confini italo-sloveni hanno cessato di esser da impedimento al libero passaggio di merci e persone.[68]
Firmata inizialmente il 19 giugno 1990, in una prima versione, dai Paesi del Benelux, dalla Germania Ovest e dalla Francia, alla successiva e omonima convenzione hanno poi aderito anche altri Paesi dell'Unione europea, tra cui Italia (1990) e, appunto, Slovenia (2004).[69]
Lo stemma della città di Trieste è costituito da uno scudo francese antico di color rosso con una alabarda argento (identificata con la lancia di San Sergio) il tutto timbrato da una corona muraria da città.
Lo stemma, approvato con decreto del Capo del governo del 3 luglio 1930[70] (trascritto nel Libro Araldico degli enti morali al vol. I, p. 216), ha la seguente blasonatura:
«Di rosso, all'alabarda di San Sergio d'argento.»
Il gonfalone è stato concesso con regio decreto del 30 giugno 1932.[71]
«Drappo rosso caricato dall'alabarda di San Sergio con la iscrizione centrata in oro "Città di Trieste".»
Secondo la leggenda, lo stemma di Trieste ebbe origine dalla storia legata al martirio di san Sergio. Il santo, alla sua partenza dalla città, presentendo prossima la propria morte, aveva promesso ai cittadini suoi compagni di fede che nel caso in cui egli fosse stato ucciso per la sua fede, essi avrebbero ricevuto un segno celeste. La sua lancia cadde dal cielo sulla piazza maggiore di Trieste, il giorno in cui san Sergio soffriva il martirio in Persia, nel 336.
L'arma è attualmente conservata nel tesoro della cattedrale di San Giusto e viene ritenuta inattaccabile dalla ruggine. Questo tipo d'arma viene definito come lo spiedo alla furlana. Così chiamata perché arma tipica della fanteria friulana ai tempi del Patriarcato di Aquileia. Di essa comunque non è possibile definire né un'origine certa né l'esatta epoca di forgia. Le prime testimonianze scritte dell'uso della lancia di San Sergio quale stemma cittadino risalgono invece al XIII secolo.
Trieste figura tra le Città decorate al valor militare per la guerra di liberazione, insignita della medaglia d'oro al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni nell'arco di tempo compreso tra la prima guerra mondiale e la lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale:
Cimitero serbo-ortodosso di Trieste
Cimitero monumentale di Sant'Anna
«Splendi e ricorda i cadvti svl mare (Mcmxv – Mcmxviii)»
«Fusa nel bronzo nemico III novembre Mcmxxv»
Il numero romano III novembre Mcmxxv (3 novembre 1925) ricorda la data della cerimonia che commemorò, sette anni dopo, l'attracco del cacciatorpediniere Audace, e con esso il seguente sbarco dei marinai italiani nella Trieste appena liberata dalle truppe austroungariche.
Fra la metà del XVIII e gli inizi del XX secolo Trieste, quale principale porto dell'Impero austro-ungarico, conobbe un'epoca di straordinario sviluppo economico accompagnato da una crescita demografica molto sostenuta, che permise alla città di passare dai 4 000 residenti del 1735 ai quasi 230 000 del 1910.
Con la fine della prima guerra mondiale e l'annessione di Trieste all'Italia, il capoluogo giuliano assistette a un progressivo ristagno della propria popolazione a causa delle mutate condizioni geopolitiche. Da principale emporio marittimo dell'Impero austro-ungarico nonché fra i massimi del Mar Mediterraneo, la città e il suo porto iniziarono a declinare, passando ad occupare una posizione sempre più periferica nell'allora Regno d'Italia. [senza fonte]
All'indomani della seconda guerra mondiale in città si verificò un altro mutamento delle dinamiche demografiche che l'avevano caratterizzata fino ad allora: l'esodo giuliano dalmata, emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia, ebbe infatti come meta Trieste, che conobbe ancora una volta un'impennata della popolazione residente, oltre a profonde trasformazioni della propria composizione etnica e del tessuto sociale urbano.
In quegli stessi anni, in particolare a partire dal 1954, con la soppressione del Territorio Libero di Trieste, oltre 20 000 triestini, spinti da motivazioni di natura economica e sociale, ma anche di tendenza politica, scelsero l'emigrazione[99] dirigendosi principalmente in Australia, Canada e Sudamerica. Durante gli anni cinquanta e sessanta gli abitanti si mantennero costantemente al di sopra delle 270 000 unità, raggiungendo un massimo di 285 529 persone (131 855 maschi e 153 674 femmine) nel dicembre 1956.[100]
Da quel momento la città ha assistito a una progressiva diminuzione della propria popolazione. Le condizioni geo-politiche nuovamente mutate, la mancanza di un entroterra ampio che le desse respiro e la chiusura di molte attività economiche (come i cantieri navali San Marco e gli stabilimenti Dreher) hanno costretto una parte della popolazione a trasferirsi altrove alla ricerca di lavoro.
Ne è conseguito un decremento della natalità e un progressivo invecchiamento della popolazione residente con cali demografici che per lungo tempo hanno raggiunto e superato le 2 000 unità all'anno.
Nell'ultimo decennio il decremento demografico è stato meno marcato che in precedenza, stabilizzando poco sopra i 200 000 abitanti. Tale fenomeno è dovuto a una ripresa della natalità e ad un nuovo e lento processo di immigrazione, in massima parte proveniente dall'Europa orientale. Il territorio provinciale, che conta circa 240 000 abitanti, è il più piccolo d'Italia. Nei fatti è una sorta di conurbazione con un discreto movimento di popolazione, che è avvenuto negli ultimi anni dalla città verso i comuni limitrofi.
Trieste, insieme a Genova, Bologna e Venezia, continua ad essere in testa alle classifiche italiane per anzianità della popolazione. La città giuliana è il comune con la più alta densità demografica nel Triveneto (2 414 abitanti per km quadrato).
Abitanti censiti[101][102][103]
Abitanti censiti[104]
Trieste è un crocevia di culture e religioni, conseguenza sia della sua posizione geografica di "frontiera" sia delle vicissitudini storiche che ne hanno fatto un punto di incontro di molti popoli; infatti quasi ogni etnia e ogni comunità religiosa ha uno o più luoghi di aggregazione.
Nella città di Trieste attualmente sono presenti accanto alle popolazioni autoctone italiana e slovena, numerosi gruppi etnici minoritari storici tra cui croati, serbi, greci e tedeschi e gruppi di recente insediamento tra i quali rumeni, albanesi, cinesi, africani e sudamericani.
Al 31 dicembre 2018 la popolazione con passaporto estero residente a Trieste era costituita da 21 919 persone (10,73% della popolazione) così suddivise per principali paesi di provenienza:[105]
Oltre alla lingua italiana a Trieste è diffuso lo sloveno, che è tutelato dalla legislazione statale e regionale per la tutela della minoranza linguistica slovena in Italia. Essa prevede, per Trieste, il bilinguismo funzionale, che è garantito da uffici comunali dedicati. Il bilinguismo completo italiano/sloveno si applica invece al di fuori dell'area centrale del comune di Trieste, nelle zone abitate prevalentemente da sloveni (Basovizza/Bazovica, Opicina/Opčine, Padriciano/Padriče, Trebiciano/Trebče, Prosecco/Prosek). La comunità slovena, presente in città fin dal Medioevo[32][109][110], raggiungeva nel 1910 (secondo il discusso censimento austriaco di quell'anno[111]) il 25% della popolazione del comune. Durante il ventennio fascista le popolazioni slave della Venezia Giulia furono assoggettate ad una politica di italianizzazione forzata. Nel 1971 la comunità slovena era stimata in circa il 5,7% della popolazione del comune.[112]
Altri idiomi diffusi a causa di migrazioni interne alla Venezia Giulia sono la lingua istriota, lingua romanza autoctona dell'Istria meridionale parlata (ormai quasi esclusivamente come seconda lingua o come lingua familiare) da 1 000-2 000 persone nell'Istria meridionale e da poche migliaia di profughi ed esuli istriani dispersi nella penisola italiana, tra cui a Trieste. A Trieste si parla anche, per i medesimi motivi, il dialetto istroveneto, uno degli idiomi definiti "veneti coloniali" per il fatto che è "veneziano d'importazione", ovvero originario dei domini marittimi della Repubblica di Venezia, che erano chiamati Stato da Mar, e che, adattandosi alla realtà locale istriana, ha finito per sostituire parzialmente la lingua istriota[113].
Da un punto di vista degli idiomi locali, a Trieste è diffuso il dialetto triestino, dialetto veneto coloniale parlato anche in buona parte della provincia di Trieste nonché nella provincia di Gorizia, dove si affianca allo sloveno e alla lingua friulana. Il dialetto triestino è considerato "veneto coloniale" perché veneziano d'importazione, visto che si è radicato nella zona solo in tempi relativamente recenti.
Un tempo a Trieste si parlava il dialetto tergestino, idioma romanzo parlato fino all'Ottocento, estintosi in favore dell'attuale dialetto triestino, che è invece di tipo veneto. Il tergestino era un idioma di tipo retoromanzo con una forte correlazione con la lingua friulana, specie con le varietà friulane occidentali, e ancor più con il vicino dialetto muglisano[114].
Il dialetto triestino, parlato anche da alcuni scrittori e filosofi, continua ad essere tuttora l'idioma più usato in ambito familiare e in molti contesti sociali di natura informale, talvolta anche formale, affiancandosi, in una situazione di diglossia, all'italiano, lingua amministrativa e principale veicolo di comunicazione nei rapporti di carattere pubblico dal 1920, anno dell'annessione di Trieste all'Italia.
Fino alla prima guerra mondiale esisteva anche una comunità di lingua tedesca che superava il 5% della popolazione del comune, ma che si ridusse drasticamente negli anni successivi.
A Trieste è maggioritario il cristianesimo cattolico. La città giuliana è sede dalla Diocesi di Trieste, sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Gorizia appartenente alla regione ecclesiastica Triveneto. Fondata verso la fine del VI secolo, nel 2017 contava 230.000 battezzati su 241.800 abitanti. La Chiesa cattolica garantisce anche ai fedeli di lingua slovena l’uso della loro lingua madre in tutte le funzioni religiose: nelle chiese delle parrocchie in cui è presente un numero significativo di fedeli sloveni le funzioni religiose vengono svolte in lingua slovena, inoltre nelle diocesi viene nominato un vicario episcopale per i fedeli di lingua slovena.[115]
A Trieste sono presenti in buon numero anche i testimoni di Geova, che hanno a Trieste una sala del Regno e luterani, che si raccolgono nella loro chiesa evangelica luterana. Esiste inoltre una cospicua presenza di cristiani ortodossi, principalmente dovuto alla presenza di una consistente minoranza serba, come testimoniato anche dalla presenza del Tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione. La comunità greco-ortodossa celebra le funzioni religiose nella chiesa greco-ortodossa di San Nicolò e della Santissima Trinità.
Prima della seconda guerra mondiale e della conseguente occupazione nazista, inoltre, esisteva anche una florida comunità ebraica (nel 1931 i residenti di religione ebraica erano 4 671, di cui 3 234 aventi la cittadinanza italiana[116]). Questa si è progressivamente ridotta e attualmente conta circa 700 membri.
Trieste ospita le sedi delle seguenti istituzioni:
La città è anche sede del Segretariato permanente della Chamber investment forum, organismo di cui fanno parte le Camere di commercio dei paesi dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia) e quelle di Slovenia e Croazia, per un totale superiore a 350 000 imprese rappresentate.
Nel 2021 la città è stata percepita tra le più sicure al mondo[117], e nel 2022 ha ottenuto il riconoscimento The Urbanism Award (premio indetto da The Academy of Urbanism) quale European City of the year 2022[118].
Nel Rapporto Ecosistema Urbano del 2022, edito da Legambiente, la città di Trieste è inserita nell'elenco delle migliori città per depurazione delle acque reflue. Con riguardo alla qualità dell'aria la situazione non è delle migliori: "Se da un lato la chiusura dell’area a caldo della Ferriera di Servola ha sicuramente dato una mano (sia ai dati che alla percezione dei triestini), dall’altro Legambiente non fa sconti a nessuno. Sulla concentrazione del biossido di azoto Trieste è sessantottesima, subito prima di Pordenone"[119]. Infine il dato relativo alla raccolta differenziata penalizza la città di Trieste, in quanto la raccolta si ferma al 45%, ben al di sotto della media nazionale del 61%[120].
Il traffico cittadino[121], collegato alla carenza di parcheggi, e l'aumento del costo degli immobili[122] e degli affitti[123] sono altri aspetti che incidono sulla qualità della vita di questa città.
Trieste era sede, fin dal 1877, di una reputata Scuola Superiore di Commercio. Nel 1924 la città si dotò di un'Università, che nei decenni successivi acquistò un notevole prestigio e che ospita da tempo numerose organizzazioni scientifiche internazionali e il principale parco scientifico italiano.
Trieste infatti è nota come Città della scienza e accoglie una comunità scientifica ed universitaria molto conosciuta e rinomata all'estero che richiama ogni anno migliaia di studenti da tutto il mondo e di tutte le culture. Da notare in campo scientifico sono il sincrotrone ELETTRA all'Area Science Park, la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA), l'osservatorio astronomico di Trieste, il Centro Internazionale di Fisica Teorica e l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS.
Trieste nel 2017 è stata eletta Capitale europea della scienza 2020[124][125] La nomina riconosce una tradizione scientifica che nella città è presente sin dall'inizio dell'Ottocento.[126] È stata ospite anche del Science in the City Festival, uno dei più grandi festival sulla scienza in Europa, dal 5 Luglio all'autunno 2020.
Una particolarità interessante del sistema educativo di Trieste è rappresentato dai ricreatori, strutture parascolastiche sorte nel 1908 per iniziativa comunale. Il fine era la creazione di luoghi di ricreazione di istituzione pubblica e di impostazione laica per allontanare dalla strada i ragazzi delle famiglie meno abbienti. Sono tredici strutture dislocate sul territorio, nei vari rioni, che offrono un servizio sociale educativo e ludico, preposto alla progettazione e all'organizzazione di un tempo libero qualificato per i ragazzi e i giovani della città. Ne sono destinatari tutti i bambini di età superiore ai cinque anni e i giovani, di norma, di età inferiore ai diciannove anni.
A Trieste ha sede il Conservatorio di Musica Giuseppe Tartini: fondato nel 1903, è uno dei tredici Conservatori storici italiani. Il Conservatorio appartiene al sistema di Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica e dipende dal Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca. Il Conservatorio Tartini ha sede nel prestigioso Palazzo Rittmeyer e offre quattro livelli di formazione: pre-accademico, di primo e secondo ciclo (laurea e master) e formazione degli insegnanti.
La più antica istituzione musicale della città è la Cappella Civica, fondata nel 1538 e tenuta in vita dal Comune. Canta ogni domenica la messa delle 10.30 in Cattedrale e svolge un'intensa attività concertistica. Attualmente è diretta dal Maestro Roberto Brisotto e si avvale della collaborazione all'organo del Maestro Riccardo Cossi.
Trieste accoglie 32 musei fra i quali troviamo il Museo Revoltella – Galleria d'arte moderna; i Civici musei di storia ed arte, una rete ("museo multiplo") di undici istituzioni museali triestine (Museo di storia ed arte, Orto lapidario, Museo del castello e armeria, Lapidario tergestino, Museo d'arte orientale, Museo teatrale Carlo Schmidl, Museo di guerra per la pace Diego de Henriquez, Museo della Risiera di San Sabba, Museo di storia patria, Museo Morpurgo de Nilma, Museo Sartorio, Museo del Risorgimento e sacrario di Oberdan, Museo postale e telegrafico della Mitteleuropa (in collaborazione con Poste italiane) e i Civici musei scientifici, costituiti da quattro istituzioni (Civico museo di storia naturale, Acquario marino, Museo del mare e Orto botanico). Altri tre musei fanno parte del Servizio bibliotecario urbano (Museo sveviano, Museo petrarchesco piccolomineo e Museo Joyce museum), a cui si aggiungono due biblioteche (Biblioteca civica Attilio Hortis e Biblioteca comunale del popolo Pier Antonio Quarantotti Gambini, l'Archivio diplomatico e l'Archivio storico).
Lo stadio Nereo Rocco, inaugurato nel 1992, ospita infine una serie di opere d'arte contemporanea, vincitrici di un apposito concorso (Nike, di Paolo Borghi primo classificato, ed opere di Nino Perizi, Marino Cassetti e Franco Chersicola, Livio Schiozzi, Claudio Sivini, Carlo Ciussi, Luciano Del Zotto, Gianni Borta, Enzo Mari e Francesco Scarpabolla. Per il "Polo natatorio" Davide Rivalta ha scolpito l'Ippopotamo in equilibrio sulla sfera.
Questi sono i principali teatri di Trieste:
«Trieste ha una scontrosa / grazia. Se piace, / è come un ragazzaccio aspro e vorace, / con gli occhi azzurri e mani troppo grandi / per regalare un fiore; / come un amore / con gelosia.»
L'ambiente culturale mitteleuropeo e la particolare storia di Trieste hanno favorito fin dall'Ottocento l'affermazione di scrittori triestini e l'arrivo di importanti autori stranieri, come l'irlandese James Joyce, che nella città vissero a lungo, tanto che si può parlare di una letteratura triestina. Si ricordano, a tal proposito, gli scrittori Umberto Saba, Italo Svevo, Scipio Slataper e Boris Pahor.
Dopo la chiusura negli anni '10 di storiche pubblicazioni quali Il Mercatino e Vita Nuova, sono rimaste in attività solo poche piccole testate, alcune dalla lunga storia e tradizione:
Nella città giuliana è presente la Sede Rai di Trieste, centro di produzione radiotelevisiva regionale della Rai per la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Nata nel 1931 con la denominazione Radio Trieste[132], sotto l'occupazione tedesca della città (1943-1945) assunse il nome Radio Litorale Adriatico, irradiando trasmissioni in tedesco, italiano e sloveno. Il 5 maggio 1945, con l'arrivo delle truppe jugoslave a Trieste, l'emittente assunse il nome di Radio Trieste Libera - Radio svobodni Trst; nel mese di giugno essa passò sotto il controllo del governo militare alleato. Nel 1954 la città di Trieste tornò all'Italia; nel giro di un anno, il 1º luglio 1955, Radio Trieste divenne formalmente la filiale regionale della Rai Radiotelevisione italiana per il Friuli-Venezia Giulia.
La cucina triestina rispecchia la realtà storica di Trieste. Trieste ha accolto per secoli nel suo seno le genti e le tradizioni culinarie più diverse. Da tale diversità è nata una cucina particolarmente variata e sapida che ha saputo coniugare la gastronomia mediterranea con quella mitteleuropea. Città bimillenaria di fondazione pre-romana, dopo essere diventata un centro urbano di secondaria importanza in epoca romana, Tergeste decadde in età tardoantica e medievale, e fino ai primi secoli dell'età moderna rimase un borgo murato la cui economia si basava essenzialmente sulla pesca e sul commercio del sale. Con l'introduzione del porto franco (1719), inizia una nuova era per la città, contraddistinta da un carattere profondamente cosmopolita, cui si accompagna la nascita di una cucina propriamente triestina che di tale cosmopolitismo sarà specchio fedele.
La cucina tradizionale triestina ha la peculiarità di essere ricca non solo di ricette e piatti di mare, giustificati dalla presenza delle pescose acque dell'Adriatico, ma anche di carne, dati i tradizionali legami della città con l'entroterra carsico e con il bacino danubiano. Se infatti la cucina marinara di Trieste è prevalentemente affine a quella istro-dalmata, quella legata alle carni si riallaccia alle tradizioni culinarie mitteleuropee. Celebri sono anche i primi piatti, mentre dolci e dessert hanno fama di essere fra i più raffinati d'Europa.
Nelle tavole triestine non possono mancare i vini carsolini prodotti nel Carso triestino (e nelle zone adiacenti appartenenti alla Slovenia), né quelli del Collio goriziano, la cui zona di produzione si estende in gran parte della vicina provincia di Gorizia. Particolarmente diffusi e apprezzati in città sono anche i celebri vini friulani sia bianchi che rossi (Colli orientali del Friuli, Friuli-Annia, Friuli-Aquileia, Friuli-Grave ecc.).
Celebre pietanza triestina è il gulasch, tradizionale piatto ungherese a base di spezzatino di manzo e con l'eventuale aggiunta di patate, diffusissimo in città. Sovente vengono utilizzati anche pezzi di prosciutto in aggiunta o talvolta anche in sostituzione delle patate. Se la salvia è facoltativa, l'uso della paprica è d'obbligo. Il gulasch nella sua versione triestina è stato importato nella città giuliana grazie alla dominazione austroungarica, che durò secoli.
La più importante arteria pedonale di Trieste è viale XX Settembre, che era storicamente chiamata via dell'Acquedotto. Il viale si estende per oltre un chilometro lungo il rione storico di Barriera Nuova ed è distribuito su tre delle sette Circoscrizioni comunali di Trieste (ovvero la III Circoscrizione, la IV Circoscrizione e la VI Circoscrizione). Il primo tratto è completamente pedonalizzato mentre nella seconda parte possono circolare le autovetture.
Principale piazza di Trieste è piazza Unità d'Italia, chiamata durante il periodo austriaco Piazza Grande e successivamente nota anche come piazza Francesco Giuseppe. Si trova ai piedi del colle di San Giusto, tra il Borgo Teresiano e Borgo Giuseppino. Di pianta rettangolare, la piazza si apre da un lato sul Golfo di Trieste ed è circondata da numerosi palazzi ed edifici pubblici. Affacciate sulla piazza si trovano le sedi di diversi enti: il municipio di Trieste, il palazzo della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia e la prefettura del capoluogo.
Altra importante piazza triestina è piazza della Borsa, che è conosciuta anche come il secondo salotto buono cittadino. La piazza è stata il centro economico della città per tutto il XIX secolo ed è immediatamente adiacente a piazza Unità d'Italia.
Restringendosi, prosegue fino all'inizio di corso Italia, un'importante arteria cittadina. Il luogo ove sorge la piazza si trovava anticamente appena fuori dalle mura cittadine. Infatti nel punto dove si trova il passaggio con piazza Unità si trovava la porta di Vienna e le case che delimitano la piazza verso monte seguono la linea delle antiche mura verso la torre di Riborgo.
Piazza della Repubblica, un tempo chiamata piazza Nuova, è una piazza del centro storico di Trieste. Si trova all'interno del borgo Teresiano, borgo storico triestino voluto dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria nel XVIII sec. È situata a metà di via Mazzini (un tempo via Nuova) ed è formata da un allargamento della strada stessa. Lo spazio in cui si sviluppa va dall'incrocio con via Dante Alighieri (un tempo via Sant'Antonio) a quello con via Santa Caterina da Siena.
Piazza Oberdan, prima piazza della Caserma, è una delle principali piazze di Trieste. È uno dei principali snodi del trasporto pubblico cittadino, posta a poca distanza dalla stazione Centrale, posta Centrale e tribunale, è sede del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia.
Piazza Venezia è situata nel Borgo Giuseppino. La piazza, un tempo nota come piazza Giuseppina (come per il borgo, in onore di Giuseppe II d'Asburgo-Lorena) e piazza Ganza, è accreditata come uno dei centri della movida triestina. Essa presenta un monumento di Massimiliano e diversi palazzi storici.
Rioni tradizionali e località, con segnati attraverso (*) corrispondenti alle circoscrizioni
Le attività commerciali e industriali della città sono ancora legate, anche se in misura minore rispetto al passato, al porto. Nonostante l'incidenza negativa di quest'ultimo sul piano economico e occupazionale, la popolazione triestina gode di un alto tenore di vita (nel 2008 la Provincia di Trieste era seconda in Italia dopo quella di Milano[N 4]) e di elevati livelli di reddito[N 5].
Alcune fra le maggiori compagnie di assicurazione vennero fondate a Trieste a partire dal periodo Asburgico: Assicurazioni Generali (1831), SASA Assicurazioni (1923 – in seguito incorporata nel gruppo UnipolSai), Lloyd Adriatico (1936) e Riunione Adriatica di Sicurtà (RAS) (1838). Le ultime due oggi sono incorporate nel gruppo tedesco Allianz. Tuttora la direzione generale di Assicurazioni Generali e quella della compagnia assicuratrice telefonica online Genertel hanno sede a Trieste, così come Allianz S.p.A., che nella città conta la sede legale e operativa[139].
Nel settore dell'industria ci sono stabilimenti che trattano la metallurgia e la meccanica industriale e navale, in funzione dalla fine dell'Ottocento.
La Ferriera di Servola è un complesso industriale specializzato nella produzione di ghisa, sito a Servola, un rione di Trieste. Il complesso siderurgico si estende per 560 000 metri quadri[140] e all'ottobre 2012 impiega direttamente circa 500 dipendenti più 300 dell'indotto[141].
La fabbrica macchine della Wärtsilä Italia, ex Grandi Motori Trieste, è il più grande stabilimento per la produzione di motori navali in Europa e uno dei più importanti di componenti per centrali elettriche. Lo stabilimento, in continua crescita, ha ricevuto anche delle commesse per le ricostruzioni di centrali in Iraq. Trieste è anche sede del gruppo Fincantieri (con cantieri presenti in Italia, Stati Uniti, Norvegia, Romania, Vietnam e Brasile), leader mondiale nella costruzione di navi da crociera e da supporto offshore e in ascesa nel settore della marina militare.
Grazie allo sviluppo dell'industria meccanica favorito dai numerosi cantieri navali, a partire dai primi anni del XX secolo vennero fondate anche società per la produzione di velivoli e autoveicoli, raggiungendo il massimo sviluppo a partire dal 1922[142], con l'insediamento di uno stabilimento della Ford e della sede legale della filiale italiana[143], per poi vedere chiudere le attività produttive dal 1931 in poi a causa delle pressioni della Fiat al regime fascista.[144]. Le ultime imprese attive nella produzione di autoveicoli chiusero nel secondo dopoguerra.
A Trieste si trovano anche i laboratori della Flextronics e della Telit, importanti compagnie operante nel settore delle telecomunicazioni.
Nel settore alimentare possiamo ricordare importanti società come Illy (caffè), Principe e Sfreddo (salumi), Parovel, Potocco, Pasta Zara, Stock. Sono di fondazione triestina anche la Hausbrandt (caffè) e la Dreher.
Oltre il 90% di tutte le aziende industriali e buona parte di quelle artigianali (es. Zona Artigianale Dolina) trovano la loro sede nella zona industriale sita nelle valli di Zaule e delle Noghere, a cavallo dei Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle, amministrata dall'EZIT.
Nel capoluogo giuliano è presente un settore avanzato della ricerca scientifica, un sincrotrone, un centro avanzato di fisica teorica, e terziario avanzato.
A Trieste c'è anche la sede dell'Italia Marittima (ex Lloyd Triestino) società nata nel 1836 ed a oggi una delle più vecchie e longeve compagnie di navigazione del mondo.
Infine, occorre ricordare che Trieste è, dopo Roma, la città italiana che vanta la maggior concentrazione di dipendenti pubblici sul totale della popolazione residente. La motivazione va ricercata nelle conseguenze dell'esodo istriano: a Trieste, infatti, fu trovata una sistemazione alle migliaia di esuli provenienti dall'Istria, dal Quarnero, dalla Dalmazia, che già lavoravano per lo Stato italiano prima di lasciare le terre di origine.[145]
Trieste è servita dall'A4 attraverso il raccordo autostradale 13 Sistiana-Padriciano ed è inserita nei collegamenti europei E70, E61 ed E751. Il raccordo autostradale 13 diventa, dopo l'uscita di Cattinara, la nuova SS 202/sopraelevata di Trieste e arriva fino al porto della città.
Importante per la città giuliana è la Grande Viabilità Triestina, che è il collegamento stradale, con caratteristiche di autostrada o di strada extraurbana principale, tra la città di Trieste e la rete autostradale italiana e slovena.
La denominazione Grande Viabilità Triestina attualmente non è assegnata ad alcuna strada. Fino al 1997 veniva così chiamata la sopraelevata di Trieste (ora SS 202). È composta da tratti viari classificati diversamente ma collegati tra loro senza soluzione di continuità.
La GVT ha inizio a Sistiana come continuazione dell'autostrada A4.
Partendo dall'autostrada A4 al molo VII del porto di Trieste, la GVT è così composta:
La GVT si compone inoltre di due diramazioni, con caratteristiche di autostrada, verso i confini sloveni, costruite in quanto previste dagli accordi di Osimo del 1975 e dal conseguente decreto del presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 100 (GU n. 102 suppl. ord. del 13/04/1978)[146]:
Nei pressi della città giuliana, nel comune sparso di Monrupino, è situato l'interporto di Trieste Fernetti, un complesso intermodale che costituisce anche un'area retroportuale di supporto ai terminal marittimi del Porto di Trieste e del Porto di Monfalcone ai quali è collegato da una infrastruttura stradale e da una linea ferroviaria.[147] La sua inaugurazione risale al 1972.
Posizionato lungo la direttrice Baltico-Adriatico-Mediterraneo e lungo la direttrice del corridoio multimodale che congiunge Barcellona a Kiev,[147][148] svolge il ruolo di piattaforma logistica per i traffici terrestri tra l'Europa Occidentale e l'Europa orientale[147] e di hub strategico di connessione per i traffici merci tra i mercati dell'Europa centro-orientale ed il bacino del Mediterraneo.[149]
Trieste è servita dalle ferrovie Venezia-Trieste e Udine-Trieste, dalla ferrovia Meridionale e dalla ferrovia Transalpina, non utilizzata nel breve tratto urbano.
Il traffico passeggeri è concentrato nella stazione di Trieste Centrale, servita da treni regionali svolti da Trenitalia nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Friuli-Venezia Giulia e da collegamenti a lunga percorrenza svolti anch'essi da Trenitalia.
Nella relazione metropolitana (M40) con la stazione di Monfalcone alcuni treni fermano a Miramare, Stazione di Bivio d'Aurisina e Stazione di Sistiana-Visogliano. Dal 2018 è costituita la Stazione di Trieste Airport a servizio dell'aeroporto e della piattaforma intermodale regionale.
I treni per la Slovenia partono dalla stazione di Villa Opicina.
Il traffico merci è generato prevalentemente dal porto; dallo scalo di Campo Marzio partono quotidianamente treni merci in gran parte dedicati al trasporto intermodale e le cosiddette "autostrade viaggianti" in servizio internazionale.
L'aeroporto di Trieste-Ronchi dei Legionari è situato a 30 km a nord-ovest dalla città ed è servito da voli nazionali e internazionali. Sito a Ronchi dei Legionari, 21 km a sud-ovest di Gorizia, 30 km a nordovest di Trieste e a 38 km a sud di Udine, lungo la ex strada statale 14 della Venezia Giulia. La struttura, aperta al traffico commerciale, è dotata di una pista in asfalto lunga 3000 m e larga 45 m, con orientamento RWY 09-27 ed è gestita dalla società Aeroporto Friuli Venezia Giulia S.p.A. con il nome commerciale di Trieste Airport – Friuli Venezia Giulia[150][151].
Dal 2007 l'aeroporto è stato intitolato alla memoria di Pietro Savorgnan di Brazzà, esploratore friulano.[152]. Guardando l'area compresa tra Alto Adriatico e Alpi Orientali, tra Italia (Friuli-Venezia Giulia e Veneto), Slovenia, Croazia e Austria (Carinzia) il suo bacino d'utenza supera i 5 milioni di persone, calcolati sulla base di un tempo di percorrenza in auto di 90 minuti necessario per raggiungere l'aeroporto.
Il porto di Trieste è il più grande d'Italia per quantità di merci scambiate ed uno dei più importanti nel sud Europa. Nel 2019 ha raggiunto le 62 000 000 tonnellate di merci movimentate grazie soprattutto al traffico marittimo di idrocarburi, che ne costituiscono la parte preponderante[8][9].
Storicamente fu il principale sbocco marittimo dell'Impero austriaco, che nel 1719 gli riconobbe lo status di porto franco. Il porto rimane uno snodo internazionale per i flussi di scambio terra-mare di merci dirette principalmente verso l'est Europa[153] e l'Asia[154].
A Trieste è presente un'intensa attività croceristica che porta ogni estate più di 100 000 passeggeri. Durante il periodo estivo è attivo un collegamento marittimo gestito dall'APT con la cittadina di Grado. La società Trieste Lines, invece, ha in gestione il sistema di collegamenti con la costa istriana, con aliscafi veloci che raggiungono Pirano, Rovigno e Pola.
Il trasporto pubblico è gestito dalla Trieste Trasporti, che esercisce autolinee urbane, e interurbane, servizi marittimi e la tranvia di Opicina. Nel 2019 risulta 3° in Italia per offerta di trasporto pubblico, ovvero chilometri percorsi dai mezzi pubblici in rapporto al numero di abitanti[155]
In passato la città era dotata di una rete tranviaria di Trieste e una rete filoviaria di Trieste. La prima è stata rappresentata da una vasta rete di linee, poi inesorabilmente soppresse. Dal 1970, l'unica linea rimasta attiva è la Tranvia di Opicina. La rete filoviaria di Trieste fu in esercizio nella città giuliana dal 1935 al 1975. La prima linea filoviaria della città di Trieste fu attivata nel 1935: si trattava della cosiddetta linea dei Colli, da piazza Goldoni alla stazione di Campo Marzio, a cui seguirono altre linee negli anni seguenti[156]. L'11 giugno 2016 era stata inaugurata una nuova linea tranviaria di collegamento tra il centro della città e il porto vecchio[157], sui binari già esistenti, la quale tuttavia è stata chiusa dopo poco.
Il Corpo Consolare di Trieste è composto da 31 rappresentanze consolari[158][159], le quali sono:
Nella città sono presenti numerose società sportive, tra le quali l'Unione Sportiva Triestina Calcio 1918, uno dei più antichi club calcistici italiani che riuscì, nella stagione 1947-1948, a raggiungere la Serie A giungendo seconda in classifica dietro al Torino campione d'Italia.
Durante l'esistenza del Territorio Libero di Trieste la città giuliana ebbe due squadre calcistiche partecipanti a due campionati di due nazioni differenti, la Triestina nel campionato italiano, mentre il Circolo Sportivo Ponziana 1912 giocò, invitato ufficialmente dalla Federazione calcistica della Serbia, nel campionato jugoslavo, con il nome Amatori Ponziana Trst. La Triestina fallì nel 1994 per poi essere rifondata nel 2012 e nel 2016. La Ponziana, dal 1949, tornò a partecipare a campionati italiani.
Altra importante società sportiva triestina è la Pallacanestro Trieste, che è la principale società di pallacanestro maschile della città giuliana, erede della storica Pallacanestro Trieste fallita nel 2004. Milita in Serie A1. Gioca le sue partite interne all'Allianz Dome. Nel suo palmarès conta la vittoria di cinque scudetti tra il 1930 e il 1941. Nel 1984 la società venne acquistata dal magnate del tessile Giuseppe Stefanel. Al momento dell'acquisto la società militava nella seconda serie nazionale (A2) ma il presidente intendeva farne una squadra da scudetto. Le prime mosse furono l'acquisto di un nuovo capo allenatore il bosniaco Bogdan Tanjević, senza però ottenere i risultati sperati.
Rilevanti per la storia sportiva di Trieste sono i vari club velici storici, come lo Yacht Club Adriaco e la Società velica di Barcola e Grignano, che testimoniano la lunga storia della città giuliana in questo sport. Di rilievo assoluto è la Barcolana, storica regata velica internazionale che si tiene ogni anno nel Golfo di Trieste nella seconda domenica di ottobre. Nota per essere una delle regate con più alta partecipazione, dall’edizione 2018, la Barcolana, con 2 689 imbarcazioni iscritte, si pone in vetta nella classifica delle regate più affollate al mondo, un traguardo ambito e raggiunto con impegno da tutta la Società Velica di Barcola e Grignano. Attualmente dunque la Barcolana è la regata più grande del mondo.[135]
Il capoluogo giuliano vanta anche un'antica e radicata tradizione remiera che risale alla metà del XIX secolo. Attualmente sono sette le società di canottaggio presenti a Trieste. Le più note e titolate sono la Canottieri Adria 1877, la Canottieri Trieste, il Circolo Canottieri Saturnia, la Società Ginnastica Triestina Nautica e la Società Nautica Canottieri Nettuno.
Altre squadre sportive maschili triestine sono la Pallamano Trieste che vanta 17 scudetti e milita in Serie A Gold, i Muli Trieste, società di football americano che partecipa alla Lega Nazionale American Football, la Pallanuoto Trieste, che partecipa alla serie A1, l'Edera Trieste (Campioni d'Italia 2010-2011) e la Kwins Polet Trieste, squadre di hockey in line che militano in A1. Sono di rilievo anche l'Hockey Club Trieste, squadra di Hockey su prato, che milita nella serie B, l'U.S. Š.Z. Bor, associazione polisportiva, il Circolo Sportivo Ponziana 1912, squadra di calcio attualmente non in attività, l'A.S.D. San Luigi Calcio, squadra di calcio che milita in Serie D la Junior Alpina Trieste, squadra di baseball e softball con varie categorie (dal minibaseball all'under21) e il Venjulia Rugby Trieste, squadra di rugby militante in Serie B con diverse categorie, dal minirugby alla Prima Squadra, Femminile e Old.
Il baseball a Trieste risale alla fine della seconda guerra mondiale, durante l'amministrazione del governo militare alleato, quando Trieste faceva parte del Territorio Libero di Trieste e i 5 000 militari statunitensi di stanza nella Zona A del territorio ne diffusero l'uso. Per quanto riguarda le squadre femminili sono di rilievo la società Ginnastica Artistica '81, che partecipa alla Serie A1 di Ginnastica Artistica Femminile, la Pallanuoto Trieste che partecipa alla serie A2, la Ginnastica Triestina, che vanta 5 Scudetti, partecipa alla serie A2 di basket e la ASD Futurosa basket Trieste, società che partecipa a tutte le categorie giovanili e minibasket.
Degno di nota, da un punto di vista infrastrutturale, è lo Stadio Nereo Rocco, che rappresenta il principale impianto calcistico di Trieste, dedicato a Nereo Rocco, celebre calciatore e allenatore giuliano. Allo stadio Nereo Rocco si svolgono gli incontri interni della Triestina; ospita inoltre la sede della stessa società nonché degli uffici provinciali del CONI e il dipartimento di medicina sportiva; in talune occasioni è stato teatro di importanti concerti musicali, tra cui Vasco Rossi, Pearl Jam, Bruce Springsteen e Zucchero Fornaciari. Lo stadio sorge nel quartiere di Valmaura, alla periferia sud della città, nei pressi dell'uscita della SS 202, vicino al vecchio stadio Giuseppe Grezar.
Lo stadio Giuseppe Grezar, in particolare, è un impianto sportivo di Trieste, il secondo più importante della città dopo il più recente stadio Nereo Rocco. Nato come "Littorio", poi dal dopoguerra fino al 1967 chiamato "Comunale", fu successivamente intitolato al calciatore triestino Giuseppe Grezar, che faceva parte della squadra del Grande Torino e che fu tra le vittime della tragedia di Superga del 1949. Per molte stagioni impianto interno della Triestina, è stato trasformato in un impianto polifunzionale, con una pista di otto corsie dedicata all'atletica leggera.[162]
Altri impianti sportivi triestini degni di nota sono il PalaChiarbola, palazzetto utilizzato principalmente per la pallamano primo palazzo dello sport della città di Trieste, costruito nella prima metà degli anni settanta del XX secolo, ed intitolato successivamente a Giorgio Calza. Si trova nel rione di Chiarbola, con accessi da Via Visinada e da Piazzale delle Puglie. Adatto a tutte le discipline che si praticano al chiuso, è utilizzato prevalentemente per il gioco della pallamano. Ha una capienza di poco superiore ai 2000 posti a sedere, suddivisi tra una tribuna e due curve. Dispone anche una di una palestra secondaria di misure regolamentari, nonché di tre palestrine dedicate al pugilato e alle discipline dell'atletica pesante.
Il PalaTrieste, palazzetto di gestione della Pallacanestro Trieste 2004, è un'arena coperta di Trieste. È dotato di 6 943 posti a sedere[163], disposti ad anello attorno al parquet di gioco[164]. Il 25 maggio 2011 è stato formalmente intitolato al grande poliatleta triestino Cesare Rubini, scomparso nello stesso anno[165]. L'impianto, di proprietà del Comune di Trieste, ospita le partite casalinghe delle principali squadre di pallacanestro cittadine, mentre in passato è stato sede delle gare casalinghe delle principali squadre triestine di pallavolo (come l'AdriaVolley Trieste e la Virtus Pallavolo Trieste, quest'ultima femminile).
La città ha dato vita al portiere Emidio Ferlatti.
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