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Il concetto di non-essere è strettamente connesso a quello di essere come sua contrapposizione e negazione. Per molti aspetti esso quindi è coincidente con quello di nulla (dal latino nihil, in greco μηδέν) e a "non ente" (latino non ens, in greco μὴ ἐόν o μὴ ὄν), per quanto nella storia del pensiero i due termini vengano usati talvolta in modo diverso. [1].
Il dibattito sul non-essere e di conseguenza sull'essere inizia nel pensiero occidentale con la filosofia eleatica di Parmenide il quale pone la contrapposizione «ἔστιν»/«οὐκ ἔστιν» [2] sostenendo che, solo l'essere esiste e che il non-essere non è pensabile e quindi non è esprimibile a parole e dunque non esiste. [3]
Nell'unica opera di Parmenide, il poema in esametri intitolato Sulla natura, si ribadisce questa concezione:
«Εἰ δ' ἄγ' ἐγὼν ἐρέω, κόμισαι δὲ σὺ μῦθον ἀκούσας, αἵπερ ὁδοὶ μοῦναι διζήσιός εἰσι νοῆσαι· ἡ μὲν ὅπως ἔστιν τε καὶ ὡς οὐκ ἔστι μὴ εἶναι, Πειθοῦς ἐστι κέλευθος - Ἀληθείῃ γὰρ ὀπηδεῖ - ,
ἡ δ' ὡς οὐκ ἔστιν τε καὶ ὡς χρεών ἐστι μὴ εἶναι, τὴν δή τοι φράζω παναπευθέα ἔμμεν ἀταρπόν· οὔτε γὰρ ἂν γνοίης τό γε μὴ ἐὸν - οὐ γὰρ ἀνυστόν - οὔτε φράσαις.
... τὸ γὰρ αὐτὸ νοεῖν ἐστίν τε καὶ εἶναι.»
«… Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il discorso, quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare: l'una che "è" e che non è possibile che non sia, e questo è il sentiero della Persuasione (infatti segue la Verità);
l'altra che "non è" e che è necessario che non sia, e io ti dico che questo è un sentiero del tutto inaccessibile: infatti non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile), né potresti esprimerlo.
… Infatti lo stesso è pensare ed essere.»
Gorgia controbatte nella sua opera Περὶ τοῦ μὴ ὄντος ἢ περὶ ϕύσεως (Del non ente, ovvero della natura), le tesi eleatiche giungendo alla conclusione (secondo l'interpretazione dello Pseudo-Aristotele) che solo il «nulla è». [5]. Di conseguenza:
Con Platone viene profondamente modificato il concetto stesso di "non-essere": esso non è più il "nulla", ma viene a costituirsi come il "diverso", come un'altra modalità dell'essere. Se si dice che una cosa è se stessa e non è tutte le altre questo non implica una contraddizione tra essere e non-essere riferita alla medesima cosa perché quel non essere continua a configurarsi come essere nel senso che quella cosa è se stessa ed è diversa da tutte le altre. La contraddizione vi sarebbe se quel non-essere significasse non esiste, allora non potrei dire che una cosa "esiste" e insieme "non esiste". [7]
In altri termini, ora anche il non-essere in certo qual modo è, perché non è più radicalmente contrapposto all'essere, ma esiste in senso relativo (relativo cioè agli enti sensibili). [8] Il non-essere esiste come "corrosione" o decremento della bellezza originaria delle idee iper-uraniche calate nella materia per dare forma agli elementi, in un sinolo o unità di materia e forma, come dirà Aristotele che unirà l'essere e il non essere inteso come potenza nel concetto del divenire; unione che si decomporrà poi con la morte o distruzione dei singoli enti [9].
Nell'idealismo postkantiano, e particolarmente con Hegel l'essere e il non essere, come tesi e antitesi, si rivolvono nella sintesi del divenire alla base di ogni sviluppo dialettico del pensiero e della realtà.