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Heinz Kurt Bolender | |
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Nascita | Duisburg, 21 maggio 1912 |
Morte | Hagen, 10 ottobre 1966 |
Cause della morte | suicidio tramite impiccagione |
Etnia | tedesco |
Dati militari | |
Paese servito | Germania nazista |
Forza armata | Schutzstaffel |
Unità | SS-Totenkopfverbände |
Anni di servizio | 1930 - 1945 |
Grado | SS-Oberscharführer |
voci di militari presenti su Wikipedia | |
Heinz Kurt Bolender[1] (Duisburg, 21 maggio 1912 – Hagen, 10 ottobre 1966) è stato un militare tedesco, che partecipò all'Aktion T4 (programma nazista di eutanasia) e all'Aktion Reinhardt, nome in codice dato al progetto di sterminio degli ebrei in Polonia.
Bolender nacque nel 1912 a Duisburg. Frequentò la scuola fino all'età di 16 anni, quando divenne apprendista fabbro.[2] Nel 1930 si unì al Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori e nel 1939 alla SS-Totenkopfverbände ("Unità testa di morto"). Partecipò al programma di eutanasia denominato Aktion T4 operando presso i centri di sterminio di Hartheim, Hadamar, Brandeburgo e Sonnenstein, dove i civili tedeschi con disabilità fisiche e mentali venivano sterminati con l'uso del gas o tramite iniezione letale.[3] Bolender si occupò in particolare del processo di cremazione dei corpi delle vittime e condusse anche alcuni test circa la procedura di gassazione.[4] In seguito, nel 1941-42 fu assegnato ad un'unità di ambulanza sul fronte orientale.[2]
Bolender prestò servizio nel campo di sterminio di Sobibor dall'aprile all'agosto 1942; fu uno degli ufficiali delle SS più temuti dai prigionieri.[4] Ricopriva il ruolo di comandante dell'area di sterminio di Sobibor, supervisionando personalmente le gassazioni degli ebrei e le cremazioni dei loro cadaveri.[5]
Nel 1966, l'SS-Scharführer Erich Fuchs, collega di Bolender a Sobibór, così testimoniò:
«About thirty to forty women were gassed in one gas chamber. The Jewish women were forced to undress in an open place close to the gas chamber, and were driven into the gas chamber by SS members and the Ukrainian auxiliaries. When the women were shut up in the gas chamber I and Bolender set the motor in motion. About ten minutes later the thirty to forty women were dead.[6]»
«Circa trenta o quaranta donne furono gassate in una camera a gas. Le donne ebree furono costrette a spogliarsi in un luogo all'aperto vicino alla camera a gas e furono spinte all'interno dai membri delle SS e dagli ausiliari ucraini. Quando le donne furono rinchiuse nella camera a gas io e Bolender mettemmo in moto il motore. Circa dieci minuti dopo le trenta o quaranta donne erano morte.»
Tra i compiti di Bolender vi era quello di supervisore del lavoro dei prigionieri ebrei presso il campo III, come dichiarò egli stesso:
«I assigned the Arbeitsjuden ("worker Jews") to different groups: some had to empty out the gas chamber after the cremation was completed; others had to transport the dead bodies to the graves.[7]»
«Assegnai gli Arbeitsjuden ("lavoratori ebrei") a diversi gruppi: alcuni dovevano svuotare la camera a gas al termine del processo di cremazione; altri dovevano trasportare i cadaveri nelle tombe.»
Sempre nel 1966, l'SS-Oberscharführer Erich Bauer, altro collega di Bolender a Sobibór, così testimoniò:
«Bolender was in charge of Camp III. In Sobibór there was a working Jew whom Bolender ordered to box with another working Jew, and for his pleasure they hit each other almost until death. Bolender had a big dog, and when he was in charge of the platform workers, he set the dog at the Jews who did not work quickly enough.[2]»
«Bolender era a capo del campo III. A Sobibór c'era un lavoratore ebreo al quale Bolender ordinò di boxare con un altro lavoratore ebreo, e per soddisfare il suo piacere i due si colpirono a vicenda fino quasi a morire. Bolender possedeva un grosso cane e, quando veniva posto al comando dei lavoratori sui binari ferroviari, era solito aizzare il cane contro gli ebrei che non lavoravano abbastanza velocemente.»
Sempre secondo Bauer, Bolender e altri suoi colleghi erano soliti perpetrare stupri collettivi ai danni delle prigioniere ebree prima di assassinarle:
«I was blamed for being responsible for the death of the Jewish girls Ruth and Gisela, who lived in the so-called forester house. As it is known, these two girls lived in the forester house, and they were visited frequently by the SS men. Orgies were conducted there. They were attended by Bolender, Gomerski, Karl Ludwig, Franz Stangl, Gustav Wagner, and Karl Steubl. I lived in the room above them and due to these celebrations could not fall asleep after coming back from a journey....[8]»
«Fui accusato di essere responsabile della morte di due ragazze ebree, Ruth e Gisela, che vivevano nella cosiddetta casa del guardaboschi. Come è noto, queste due ragazze abitavano nella casa del guardaboschi e venivano visitate frequentemente dalle SS. Delle orge venivano consumate lì, alle quali partecipavano Bolender, Gomerski, Karl Ludwig, Franz Stangl, Gustav Wagner e Karl Steubl. Vivevo nella stanza sopra di loro e a causa di quei festeggiamenti succedeva che non riuscivo ad addormentarmi dopo essere ritornato da un viaggio....»
Nel 1965, la superstite Eda Lichtman così descrisse Bolender e il suo cane:
«Paul Groth and Kurt Bolender would take Barry (the dog) with them. The dog would walk quietly by their side, but when his master turned to one of the people and asked, "So you don't want to work?" Barry would launch himself at the person, biting the flesh, tearing at it and pulling off chunks of it.[9]»
«Paul Groth e Kurt Bolender portavano Barry (il cane) con loro. Il cane camminava tranquillamente al loro fianco, ma quando il suo padrone si rivolgeva a qualcuno domandandogli: "Quindi non vuoi lavorare?" Barry gli si scagliava contro, mordendone la carne, strappandola e facendola a pezzi.»
Nell'autunno del 1942, Bolender divenne il comandante delle guardie ucraine del campo di Sobibór.[10] Il superstite Moshe Bahir così scrisse su di lui:
«It is hard to forget Oberscharführer Kurt Bolender, with his athletic body and long hair, who used to go walking half naked, clad only in training breeches, carrying a long whip with which he brutally lashed the camp prisoners whom he came upon on his way. On his way to lunch he was in the habit of passing the main gate and swinging a whip with all his strength upon the heads of the Jews who went through. Once, when I was still working in the platform commando, the group was accused of carelessness when we had left a window open on one of the train cars. Each one of us was punished with 100 lashes. Bolender was very active in this task. More than once I saw him throwing babies, children, and the sick straight from the freight cars into the trolley with the load that went to the Lazarett [execution pits disguised as a field hospital]. He was the one who chose the ten men to deliver the food to the workers in Camp III. When he had a yen to accompany the group, not one of them would return to us when the task was done.[2]»
«Difficile dimenticare l'Oberscharführer Kurt Bolender, con il suo fisico atletico e i capelli lunghi, che camminava seminudo, vestito solo con calzoni da allenamento, tenendo in mano una lunga frusta con cui percuoteva brutalmente i prigionieri del campo che incrociavano il suo cammino. Quando andava a pranzo aveva l'abitudine di camminare attraverso il cancello principale e far oscillare la frusta con tutte le sue forze sulla testa degli ebrei che passavano. Una volta, quando ancora lavoravo nel commando della ferrovia, il gruppo fu accusato di negligenza perché avevamo lasciato un finestrino aperto su uno dei vagoni del treno. Ognuno di noi venne punito con 100 frustate. Bolender fu molto attivo in questo ambito. Più di una volta l'ho visto lanciare neonati, bambini e malati direttamente dai vagoni merci nel carretto che viaggiava in direzione del Lazarett [fosse di sterminio camuffate da ospedale da campo]. Era lui a scegliere i dieci uomini che dovevano consegnare il cibo ai lavoratori del campo III. Quando sentiva il bisogno di accompagnare egli stesso il gruppo, nessuno di quegli uomini tornava da noi una volta completato l'incarico.»
Nel dicembre 1942, gli incarichi di Bolender a Sobibór furono temporaneamente sospesi perché finì in prigione per aver intimidito un testimone coinvolto nella sua causa di divorzio. Dopo aver scontato la pena, Bolender tornò ad operare nell'ambito dell'Operazione Reinhard, partecipando allo smantellamento e alla liquidazione di Sobibór. In seguito prestò servizio nel campo di lavoro di Dorohucza e infine a Trieste, in Italia. Il 18 gennaio 1945 ricevette la Croce di Ferro di 2ª classe.[7]
Dopo la seconda guerra mondiale, Bolender assunse una falsa identità, non contattò la sua famiglia e si fece dichiarare come "deceduto". Nel maggio 1961 fu però riconosciuto in Germania mentre lavorava come buttafuori in una discoteca e fu immediatamente arrestato. Al momento del fermo usò la falsa identità di Heinz Brenner, ma in passato, nel periodo in cui lavorava come buttafuori all'Er-und Siebar e alla Hofbräuhaus di Amburgo, aveva usato anche lo pseudonimo di Wilhelm Kurt Vahle.[4] Nella sua residenza la polizia trovò una frusta con le iniziali d'argento "KB", l'iscrizione che gli era stata fatta nel campo di Sobibór dal giovane orafo Stanisław Szmajzner.
Nel 1965, fu processato ad Hagen, nella Germania occidentale, insieme ad altre undici ex guardie delle SS che avevano operato e perpetrato crimini a Sobibór. Durante il processo affermò inizialmente di non essere mai stato a Sobibór e che invece si era limitato a combattere contro i partigiani nei dintorni di Lublino. Tuttavia, durante il controinterrogatorio alla fine crollò e ammise di essere stato a Sobibór.[11] Prima della fine del processo, Bolender si suicidò impiccandosi nella sua cella. Lasciò un messaggio, nel quale si professò innocente.[12]