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Greco di Tufo | |
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Dettagli | |
Stato | Italia |
Regione | Campania |
Resa (uva/ettaro) | 10,0 t |
Resa massima dell'uva | 70,0% |
Titolo alcolometrico naturale dell'uva | 11,0% |
Titolo alcolometrico minimo del vino | 11,5-12,0% |
Estratto secco netto minimo | 15,0-16,0 g/l |
Riconoscimento | |
Tipo | DOCG |
Istituito con decreto del | 26 marzo 1970 |
Gazzetta Ufficiale del | n. 130, 26 maggio 1970 |
Vitigni con cui è consentito produrlo | |
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Disciplinare di produzione[1] |
«In verità il vino Greco era così pregiato, che nei banchetti veniva versato solo una volta»
Il Greco di Tufo è un vino italiano che beneficia della menzione Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG). Come tale è prodotto in otto comuni della provincia di Avellino: Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni.[1]
È uno tra i pochi bianchi in Italia che si presta all'invecchiamento.
Sono previste due denominazioni: il Greco di Tufo Bianco e il Greco di Tufo spumante.
Il territorio di produzione della DOCG assomma a 6 152 a nord di Avellino, in parte compreso nel parco regionale del Partenio ad un'altitudine che varia dai 300 ai 650 m s.l.m. nella valle del fiume Sabato (affluente di sinistra del Calore Irpino).[1]
“I terreni hanno profili giovani e immaturi e poggiano il più delle volte direttamente sui loro substrati pedogenetici, sia roccia dura e compatta sia rocce tenere argillose e sabbiose.” Lo scheletro, sia siliceo che calcareo, è scarsamente presente mentre abbonda l'argilla (fino al 50% della terra fine), qualche volta mista a limo e/o sabbia per cui sono presenti terreni pesanti (argillosi, argillo-limosi) e terreni leggeri (sabbio-argillosi)[1]
I terreni presentano le seguenti caratteristiche:
L'elevata presenza di argilla preserva i terreni dalla siccità estiva e quindi consente una più regolare maturazione delle uve ed un normale livello di acidità. La ricchezza in potassio e magnesio conferisce ai vini intensità di profumi, buona struttura ed equilibrio.[1]
Il clima estivo è mite, quello invernale è rigido con precipitazioni anche nevose. Esso è condizionato dalla notevole boscosità dei monti circostanti.
“Le condizioni termiche, idrometriche ed anemometriche che caratterizzano l'areale sono pressoché ideali per un processo di maturazione caratterizzato da gradualità ed equilibrio tra tenore zuccherino e acidità, consentendo l'ottenimento di produzioni enologiche pregiate.”[1]
Probabilmente gli abitanti autoctoni già coltivavano la vite quando in zona giunsero i colonizzatori greci, ma la prima traccia storica della viticoltura risale al I secolo a.C. Si tratta di un affresco di Pompei dove si legge “vino Greco”. La sua diffusione parte dalle pendici del Vesuvio per arrivare nell'avellinese dove prende appunto l'appellativo Greco di Tufo. Ci sono indizi che, precedentemente, si sia chiamato Aminea Gemina (Gemina perché produceva spesso grappoli doppi): Aristotele infatti riteneva che il vitigno delle Aminee provenisse dalla Tessaglia, terra di origine dei colonizzatori greci.[1] Il vitigno fu quindi portato nella provincia di Avellino dai Pelasgi nel I secolo a.C.
Per quanto attiene alla sua qualità, fa fede Plinio il Vecchio:
«" In verità il vino Greco era così pregiato che nei banchetti veniva versato una sola volta"»
Altre testimonianze ci vengono dagli scritti di Catone[non chiaro], Varrone, Virgilio, e Columella che fra l'altro ci informa che da una singola vite di un pergolato si ottenevano fino a cinquanta litri di vino. Il 5 novembre del 1592 il re autorizzava il Capitano di Montefusco, capitale del Principato Ultra (l'attuale provincia di Avellino), a riscuotere una gabella di 4 carlini per ogni soma di vino che entrava in città. L'”Apprezzo del Feudo della Baronia di Montefusco del 1704” (archivio parrocchiale di Sant'Angelo a Cancello, fasc. 2/16) riportava che oltre il 61% dei terreni del feudo erano occupati da vigneti. La relazione del 29 maggio 1815, fatta dal sindaco di Tufo e dal corpo decurionale, attesta che la vite occupava all'incirca 286 tomoli di terra.[1]
Nell'800 grazie alla scoperta dei giacimenti di zolfo di Tufo, la viticoltura, con la "zolfatura", acquisisce una potente arma contro i patogeni potendo così ulteriormente espandersi. In effetti si supera il milione di ettolitri prodotti, con grande sviluppo dell'esportazione e dell'indotto. La costruzione della prima ferrovia irpina, dà un ulteriore impulso alla esportazione e quindi alla produzione.[1]
Il valore, dal punto di vista sia tecnico che economico, del Greco di Tufo ha ricevuto ripetuti riconoscimenti:
Crostacei, dentice, tutti i piatti a base di pesce e frutti di mare, formaggi non stagionati e molli, risotto ai funghi porcini.
Il vino, elaborato nella tipologia spumante metodo classico, si abbina come aperitivo ad antipasti freddi in genere (prosciutti e salumi).
L'intero territorio amministrativo dei comuni di Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni della provincia di Avellino.
Il "Greco di Tufo" è stato anche descritto nel D.M. 15-10-1941 (G.U. 17-10-1941 n. 246) contenente le norme per la classificazione dei vini d'Italia agli effetti dei prezzi e, successivamente (1961) nella "Carta dei Vini Tipici d'Italia" edita dall'Unione Italiana Vini.[1]
Successivamente, è stata riconosciuta la DOC con il DPR del 26 marzo 1970 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 130 del 26 maggio 1970) e la DOCG con decreto ministeriale del 18 luglio 2003 (pubblicato in G.U. n. 180 del 5 agosto 2003), modificata successivamente nel 2011 (DM del 30 novembre 2011, G.U. 295 del 20 dicembre 2011) e nel 2014 (DM del 7 marzo 2014).[2]
Provincia, stagione, volume in ettolitri