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Granio Liciniano (in latino Granius Licinianus; II secolo) è stato uno storico romano.
Citato solo da Macrobio e da Servio nel suo commento virgiliano, Granio Liciniano è stato inquadrato nell'età di Adriano per un suo giudizio sfavorevole a Sallustio, singolarmente consonante con l'arcaismo di Frontone.
Granio compilò un'epitome romanzesca[1] della storia romana, attingendo principalmente a Livio e Sallustio, che si estendeva almeno in 36 libri[2], ricca di aneddoti[3] e particolari leggendari, di cui restano, in un palinsesto, parti dei libri XXVI, XXVIII, XXXIII, XXXV-XXXVI, dal 163 al 78 a.C. Il palinsesto, scoperto nel 1853, è di difficile lettura, poiché si presenta come "doppio palinsesto": una copia del V secolo fu sovrascritta nel secolo successivo con un trattato grammaticale, nuovamente eraso, un secolo dopo, con una traduzione siriaca delle omelie di Giovanni Crisostomo[4].
Granio Liciniano rispecchia l'evoluzione del pensiero storico intorno al II secolo, con opinioni anche piuttosto nette, nonostante il carattere romanzato della sua opera: ad esempio, a suo parere, Sallustio non doveva essere letto come uno storico, ma come un oratore [5].
Granio scrisse anche le Cenae Suae, opera enciclopedica con interessi antiquari alla maniera di Aulo Gellio[6].
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