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Eufemia Benussi, detta Femi (Rovigno, 4 marzo1945), è un'ex attrice attiva in Italia per circa un quindicennio tra gli anni sessanta e ottanta.
Formatasi artisticamente nel teatro in Jugoslavia, suo Paese d'origine, ed esordiente nel cinema italiano d'autore con Uccellacci e uccellini di Pasolini, divenne nota per le sue interpretazioni erotiche e le sue numerose scene di nudo; la sua carriera terminò quando si rifiutò di accettare ulteriori ruoli erotici.
Biografia
Nata Eufemia Benussi[1][2] in Istria in una famiglia di lingua italiana che decise di rimanere in Jugoslavia nel dopoguerra[2], compì studi liceali a Pola[2] ed ebbe le sue prime esperienze di scena al Teatro del Popolo di Fiume[3], del quale era all'epoca (1964) l'attrice più giovane[4].
Ai tempi della frequenza universitaria declinò l'offerta del regista suo connazionale Fadil Hadžić di una parte in una commedia teatrale in serbo-croato, Trgovački putnik (Viaggio d'affari)[2] per recarsi a Roma (ospite di una sua parente che viveva nella Capitale) a seguito della fine di una relazione sentimentale[3][4].
Fu introdotta quasi subito nell'ambiente cinematografico: il suo primissimo ruolo sul set in Italia fu quello, minore, di una cortigiana nel film storico di Pasquale Festa CampanileUna vergine per il principe[2], che tuttavia uscì più tardi del secondo film dove l'attrice recitò, Il boia scarlatto, nel cast del quale era stata chiamata dal regista Massimo Pupillo grazie alla sua avvenenza[2].
La sua disponibilità a essere diretta in ruoli erotici le procurò tra il 1975 e il 1976 il sequestro di tre film e una condanna a quattro mesi con la condizionale[5]; la sua fama di attrice senza veli era talmente consolidata che in occasione dell'uscita del film Le impiegate stradali, in cui interpretava il ruolo di un'insegnante arrestata per errore durante una retata di prostitute da parte della Buon costume, la casa di produzione annunciò: «Per la prima volta vestita, la conturbante Femi Benussi»[5]; non senza ironia, la stessa Benussi si disse soddisfatta di «…essere sexy senza prendere freddo. Gli studi cinematografici sono tutti maledettamente pieni di spifferi»[5].
All'epoca aveva, tuttavia, già ridotto i suoi ritmi di lavorazione: fino ad allora era giunta a girare anche quindici film in un anno[5], mentre nel 1977 fu impegnata in una sola produzione[4].
Nel suo periodo migliore, la metà degli anni settanta, il suo compenso per ogni film era tra i dieci e i quindici milioni di lire[6].
Negli stessi anni fu attiva anche in teatro in produzioni quali Scusi, mi presti tua moglie? a Torino con Ric e Gian (1974) e, sempre nel capoluogo piemontese, in ’L'curà de Rocabrusà con Carlo Campanini (1978-79)[7]; a Roma con Renato Rascel e Giuditta Saltarini in Nemici per la pelle (1980)[8].
Con l'abbandono dei ruoli erotici, tuttavia, la sua carriera si interruppe perché non le furono più offerti contratti cinematografici: denunciò tale situazione in un suo intervento a un convegno tenutosi nel gennaio del 1980 al Circolo della Stampa di Torino sul tema La donna nello sfruttamento della pornografia, nel quale disse che da quando aveva smesso di girare scene di nudo, delle quali era oramai nauseata[9], di fatto non lavorava più nel cinema perché non le erano più state offerte scritture[9]. Fu, ancora, presente in televisione nella trasposizione su piccolo schermo dell'operetta Nitouche insieme a Elisabetta Viviani e Lauretta Masiero (1980)[10].
Nel 1983, dopo il suo ultimo film, scomparve di fatto dalle scene e soltanto nel 2002 concesse un'intervista, a Franco Grattarola, Stefano Ippoliti e Matteo Norcini per il n° 2 di Cine 70 e dintorni[11][2], in cui di fatto prese le distanze dalla sua attività di attrice erotica, asserendo di preferire di essere ricordata per altri film girati in carriera[3].
Nel corso di tale intervista raccontò anche di essere stata sostituita, in varie fasi delle riprese di alcune produzioni dirette da Mario Landi come Supersexymarket e Il viziaccio, da attrici ingaggiate per girare scene pornosoft da includere nelle versioni di tali film destinate all'estero, benché i produttori avessero omesso di specificare che tali scene non erano riferibili a lei[2].
Dopo aver messo fine alla propria carriera cinematografica tornò a vivere in Jugoslavia ma l'abbandonò a inizio anni novanta dopo che, durante la guerra civile scoppiata a seguito dello smembramento del suo Paese, le fu ucciso il cane da un anonimo per ritorsione alle sue critiche contro la pulizia etnica messa reciprocamente in atto tra serbi e croati[2]; dopo aver messo in vendita tutto quello che possedeva nell'ex Jugoslavia si stabilì a Roma[2].
^ Roberto Poppi, Femi Benussi, in Enrico Lancia e Roberto Poppi (a cura di), Dizionario del cinema italiano. Le attrici dal 1930 ai giorni nostri, Roma, Gremese, 2003, p. 29, ISBN88-8440-214-X.
^abcdefghijFranco Grattarola, Stefano Ippoliti e Matteo Norcini, …finalmente Femi Benussi, in Cine70 e dintorni, n. 2, primavera 2002, pp. 4-16.