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Il 4-2-4 fu creato come contrapposizione sudamericana al "WM" europeo (in numeri 3-2-2-3) ed attecchì principalmente oltreoceano; nato dall'evoluzione del "MM" (numericamente 3-2-3-2), abbassando un attaccante sulla linea dei centrocampisti ed un mediano in difesa, da esso derivano i sistemi di gioco moderni (ad esempio, il 4-3-3 si ottiene dal 4-2-4 arretrando a centrocampo un calciatore del reparto offensivo).[1] Il 4-2-4 fu per la prima volta schierato da Márton Bukovi[2], anche se la sua invenzione è disputata fra tre allenatori: Flávio Costa, ct della Seleção durante il campionato del mondo 1950 e noto come lo sfortunato artefice del Maracanazo; Zezé Moreira, il quale lo aveva teorizzato ma non messo in pratica come selezionatore dei verde-oro in Svizzera nel 1954; l'unghereseBéla Guttman, trasferitosi proprio in Brasile nel 1957.[3][4] Comunque il primo 4-2-4 praticato fu perfezionato negli ultimi anni cinquanta, in particolare dai carioca vincitori al campionato del mondo 1958.[5]
Fu soppiantato dal "calcio totale" e riscoperto in chiave moderna come rivisitazione ultraoffensiva del 4-4-2 (i centrocampisti esterni diventano ali pure).[6]
Il modulo
Il 4-2-4 tenta di combinare un ampio fronte d'attacco con una forte e munita difesa. I tecnici che lo utilizzarono fecero tesoro delle migliorate condizioni fisiche e atletiche dei giocatori degli anni cinquanta: in fase difensiva sei calciatori partecipavano alla copertura e viceversa all'attacco altrettanti componenti organizzavano la manovra insieme, servendosi dei due centrocampisti a tutto campo in entrambi i compiti. Pertanto erano necessarie alcune caratteristiche, senza le quali lo schema non era possibile: terzini più "bloccati", che si occupassero della fascia in fase di marcatura e non eccedessero con la spinta offensiva, tuttavia bravi nell'impostazione; due mediani abili a tessere le trame di gioco, di interdire e dare equilibrio alla squadra come schermo davanti ai centrali difensivi, quindi dotati di capacità polmonare e corsa; due ali che potessero sacrificarsi aiutando il centrocampo e contemporaneamente ottimi come dribblatori e nel fare i cross; due punte vere, che si completassero e non perdonassero davanti alla porta avversaria.[7] I brasiliani in questo erano maestri: riuscivano a combinare la tecnica sopraffina dei terzini al dinamismo dei centrocampisti centrali, la qualità e la spregiudicatezza degli esterni d'attacco alla concretezza delle punte.[8]
La numerazione del 4-2-4
La numerazione è un ibrido tra il Metodo ed il Sistema. Conserva del primo la numerazione dei terzini, mentre del secondo quella del centromediano metodista (maglia numero 5).
Il Brasile di Vicente Feola, primo undici di rilevanza internazionale ad adottare il 4-2-4 con successo: grazie agli ottimi esterni di difesa Djalma Santos e Nílton Santos, i centrocampisti instancabili Zito e Didi, le ali sempre pronte ad aiutare in fase di non possesso e a rifinire per i compagni o concludere a rete Garrincha e Zagallo, gli attaccanti centrali immarcabili ed implacabili dentro l'area di rigore Pelé e Vavá, la nazionale verde-oro vinse il campionato del mondo 1958 e stupì l'Europa calcistica[3][5][8]
La nazionale brasiliana guidata da Aymoré Moreira, campione del mondo alla rassegna di Cile 1962: Amarildo (che sostituiva l'infortunato Pelé) e i difensori centrali erano gli unici cambiamenti rispetto all'alloro di quattro anni prima[3][8][9]
Il Bari con in panchina Antonio Conte prima e Gian Piero Ventura poi, dal 2008 al 2010, vincitore della Serie B e l'anno seguente decimo classificato da neopromosso in Serie A. Il prototipo di attaccante che poteva rivestire qualsiasi ruolo nel reparto avanzato del 4-2-4 barese era Barreto[14][15]