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Cavaliere Pásmán
Frontespizio dell'estratto per pianoforte di Ritter Pásmán.
Titolo originaleRitter Pásmán
Lingua originaletedesco
Generemelodramma
MusicaJohann Strauss II
LibrettoLudwig Doczi
Attitre
Prima rappr.1º gennaio 1892
TeatroTeatro dell'Opera di Corte, Vienna
Personaggi

Ritter Pásmán (italiano, Cavaliere Pásmán) è l'unico melodramma scritto da Johann Strauss su libretto di Ludwig Doczi, ispirato a una ballata del poeta ungherese János Arany.

Le origini

Dopo i grandi e numerosi successi ottenuti con la composizione di operette e di musica da ballo, Johann Strauss nutriva una sola aspirazione, che lo aveva accompagnato per tutta la sua vita: scrivere una vera e propria opera teatrale di stampo tradizionale, un melodramma.

Nel febbraio 1888 accettò con entusiasmo e si mise a lavorare sul libretto di Ludwig Doczi intitolato Ritter Pasman (Cavaliere Pasman), ispirato alla ballata Der Kuss del poeta ungherese János Arany: un re ungherese si innamora della moglie del suo vassallo, il cavaliere Pasman, il che genera una serie di complicazioni e di intrighi, con l'intervento di vari personaggi, fra cui il buffone di corte.

L'ambientazione magiara appassionò il musicista. Nel libretto non esistevano dialoghi parlati, tutto era interamente musicato da cima a fondo, un'esperienza totalmente nuova per Strauss. La composizione del Pasman non fu né facile né veloce, poiché Johann Strauss a causa di alcuni problemi di salute fu costretto a sospendere più volte la stesura del lavoro per seguire delle cure termali.

Il 25 marzo 1891 Strauss scrisse al suo editore Simrock:

«Glielo dico molto sinceramente. La speranza che i nostri affari vadano a buon termine si riduce di giorno in giorno. Lei parla spesso di contratti e sembra con ciò intendere che siccome Lei paga io mi devo prodigare anche se mi manca l’ispirazione... Lei comprenderà perché nello stato attuale delle cose io non abbia voglia di scrivere continuamente cose nuove...»

E l'8 agosto scrisse in una lettera all'amico Priester:

«Non si cava fuori niente dallo scrivere opere...Tutta questa fatica, tutti questi stimoli sbagliati nel cercare di creare temi, tutta questa agitazione connessa ad un simile lavoro, il Pasman, non la merita davvero. Cosa devo fare adesso? Vedere di finirlo, ma quanto tempo mi ci vorrà ancora? Quando avrò finito le cure termali saranno passati due mesi senza che io abbia scritto una nota. Per la strumentazione ci vuole ancora più tempo che per la composizione. Quando faccio queste riflessioni, non posso fare a meno di ammettere che la mia decisione eroica di scrivere un'opera mi dà delle preoccupazioni. Non ho ancora avuto tempo di pensare al finale, ma quando avrò terminato il Pasman verranno le terribili doglie, il parto del corpus delicti che avrà la sventura di affogare al suo primo bagno.»

Ancora, il 10 novembre Strauss informava Simrock sull'andamento delle prove all’Hofoper, allora diretta da Wilhelm Jahn:

«Oggi ho discusso con Jahn a proposito dei tagli nel terzo atto che ho sempre preteso inutilmente da Doczi. Jahn gli ha fatto notare oggi giustamente che dopo il balletto il pubblico nonlo si può più riportare ad uno stato d’animo per cui possa accettare qualcosa che non è necessario al proseguimento dell’azione. Tutti aspettano la soluzione e se non arriva in fretta perdono la pazienza e se ne vanno. Sono stati fatti tagli notevoli.»

Nonostante le iniziali difficoltà che Strauss incontrò nel musicare un soggetto che per la propria ambientazione (un remoto angolo dell'Ungheria medievale) imponeva al suo potere creativo, la sua determinazione lo portò a concludere l'opera dopo quattro anni di lavoro.

Prossima al suo debutto presso il Teatro dell’Opera di Corte, tuttavia, la prima rappresentazione dell'opera, a causa di imprevisti di varia natura, subì diversi ritardi e venne rimandata più volte. Oltre all'inferma salute del cast, come riportò in un articolo il Times di Londra il 24 novembre 1891:

Vignette del Ritter Pásmán del 1892

«Un ammutinamento tra i musicisti dell'orchestra al Teatro dell'Opera Imperiale, i quali ritengono poco dignitoso eseguire musica di Johann Strauss.»

Il lavoro alla fine ebbe la tanto annunciata prima al Teatro dell'Opera di Corte il giorno di Capodanno 1892. L'annuncio del debutto venne accolto dal pubblico con grande entusiasmo, come nella grande maggioranza delle precedenti produzioni teatrali di Strauss, a maggior ragione poiché in questo caso si trattava della prima (e unica) opera del compositore.

L'accoglienza fu controversa. La sera della prima l'opera venne accolta con freddezza e i giornali si divisero nell'elogiare e nel criticare l'ultima fatica straussiana. I critici lamentavano la banalità del testo dell'opera, e il critico del Wiener Abendpost ritenne che i personaggi non erano stati abbastanza distinti musicalmente. L'opera venne replicata soltanto nove volte a Vienna e, dopo un paio di recite a Praga, Berlino e Monaco, non si trovò nessun altro palcoscenico disposto ad accoglierla.

L'intero lavoro venne stroncato dalla critica, fatta sola eccezione per la musica del balletto nel 3º atto che Eduard Hanslick, il 3 gennaio 1892, sulla Neue Freie Presse definì:

«Il gioiello della partitura: una pagina così non avrebbe potuto scriverla nessun altro se non Johann Strauss.»

Mentre Richard Heuberger lodò la strumentazione dell'opera e, in particolare, apprezzò la Csárdás presente nella musica del balletto nel 3º atto.

Il 22 aprile 1892, Strauss scrisse in una lettera al fratello Eduard:

«Non aspiravo ad alcun guadagno con quest’opera, l’ho scritta solo per provare che sono in grado di comporre musica ben più impegnativa di quella da ballo.»

Parafrasi

Com'era sua abitudine, rielaborando i motivi e le più belle melodie di Ritter Pásmán, Strauss ricavò una serie di brani per le sale da concerto:

  • Pásmán-Walzer, op. 441;
  • Pásmán-Polka, op. 441;
  • Csárdás, op. 441;
  • Eva-Walzer, op. 441;
  • Pásmán-Quadrille, op. 441;

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